DOPPIO SCANDALO: LA PROCURA GENERALE DI TORINO, DOPO LE DENUNCE DELL’ING. SCASSA CONTRO DUE MAGISTRATI, LO “DIFFIDA” OBBLIGANDOLO AD ENTRARE A PALAZZO DI GIUSTIZIA CON 4 CARABINIERI CHE DEVONO PEDINARNE TUTTI I MOVIMENTI (provvedimento n° 4388//EC/15 luglio 2015), RIMASTO IN VIGORE PER DUE ANNI.
IL PROCESSO VIENE POI SOSPESO IL 24/5/2017 e RIPARTE IL 12/3/2018.
L’ING. SCASSA, DOPO AVER SUBITO UNA KAFKIANA MACCHINAZIONE GIUDIZIARIA DURATA 4 ANNI, SI AUTODIFENDE LEONINAMENTE E VIENE ASSOLTO ALLA GRANDE
STATO DI DIRITTO O REPUBBLICA DELLE BANANE?
VI E’ STATA INTIMIDAZIONE PURA, QUI LA MAGISTRATURA HA USATO I METODI TIPICI DELLA CRIMINALITA’ COMUNE
Ing. Angelo SCASSA angelo.scassa@ingpec.eu
proc. pen. n° 3712/14 RG NR
MACELLERIA GIUDIZIARIA
Professore imputato per circonvenzione d’incapace in concorso e continuativa, prosegue ad insegnare.
Un Giudice che l’ha identificato con ben sei persone diverse – a lui totalmente estranee – in una sentenza che non lo riguardava, chiedendo alla Procura di valutarne il profilo penale, continua a far processi.
Un PM che gli ha rifilato, copia-incollate, le stesse condotte a sostegno dell’imputazione di circonvenzione addebitate due anni prima a due altri indagati/imputati per i medesimi fatti, senza un solo minimo straccio di prova, continua a rappresentare l’Accusa…
Un Procuratore Generale, il dr. SALUZZO, che per intimidire l’imputato l’ha obbligato per quasi due anni (luglio 2015-maggio 2017) ad entrare in Tribunale con l’accompagnamento coatto di 4 Carabinieri a puro scopo intimidatorio ed ha rimosso il criminale provvedimento soltanto dopo che l’ing. SCASSA il 24/4/2017 si è rivolto alla Cassazione per chiedere lo spostamento del processo.
Il processo farsa contro l’ing. SCASSA nel maggio 2017 viene sospeso fino al marzo 2018.
LA GIUSTIZIA INGIUSTA E’ COMUNQUE SEMPRE GIUSTA (confessione resa liberamente del cardinale Myndzszensky)
Non si tratta di accusare la Magistratura quale istituzione in sé e di per sé, alla quale tutti, come sudditi della Repubblica Italiana, dobbiamo porgere un dovuto rispetto, ma di sapere discriminare i singoli magistrati che possono essere eccellenti oppure pessimi, oppure semplicemente navigare in una sorta di poco aurea mediocritas che li può rendere idonei a certi compiti ed ad altri meno. Senza dimenticarci che la follia si annida in ogni istituzione, in ogni corporazione, in qualsivoglia ordine professionale.
Addirittura il dr. Nello Rossi, procuratore aggiunto a Roma, apertis verbis arriva persino ad affermare che esiste un affarismo giudiziario da lui qualificato in questi precisi termini: “La criminalità del giudiziario è un segmento particolare della criminalità dei colletti bianchi. Una realtà tanto più odiosa perché giudici, cancellieri, funzionari e agenti di polizia giudiziaria mercificano il potere che gli dà la legge”.
Non si dimentichi che in questa vicenda kafkiana di cui tratta nel mio blog è in gioco un procedimento penale – a rate – nato da un’eredità plurimilionaria…..
Ed il tutto considero a mero titolo di giustapposizione, perché se la corruzione giudiziaria non è certo una novità, io propendo invece per un’altra chiave interpretativa, ossia valuto un disordine logico e morale nel comportamento di certi magistrati. Ipotesi questa pure che non è certo nuova di conio, considerato che nel 2003 un presidente del Consiglio italiano, in un’intervista allo Spectator propose addirittura di istituire controlli psichiatrici periodici per i magistrati, iniziativa letta come una provocazione ed in realtà a tutela per la magistratura stessa, sana in buona parte di certo.
Che paese strano l’Italia!
la terra dei cachi
Queste sono le risultanze dei proc. pen. che sono stati incardinati presso la Procura della Repubblica ed il Tribunale di Torino, a seguito dei testamenti di due persone di 80 anni. Tutti i fatti oggetto dei procedimenti sono fedelmente riportati, soltanto per i due imputati del proc. pen. n° 1016/12 si è scelto di mantenere l’anonimato indicandoli come ALPHA e BETA. L’unico imputato del proc. pen. n° 3712/14, nato a seguito del dispositivo stupefacente della sentenza n° 213/14 che ha condannato in 1° grado la dott.ssa ALPHA, è il sottoscritto Ing. Angelo SCASSA.
La prima udienza del processo si è tenuta il 26 marzo 2015. Il processo è proseguito con le dichiarazioni spontanee dell’imputato e l’escussione dei testimoni. Alle udienze l’ing. SCASSA, incensurato e che non ha ricevuto un solo centesimo in eredità, a partire dal luglio 2015 e fino al 5 maggio 2017, a seguito di un decreto pazzesco della Procura Generale – basato su motivazioni segrete – doveva essere accompagnato da 4 carabinieri: trattasi di pacifica ritorsione al fatto che nel luglio 2014 l’ing. SCASSA aveva denunciato i due predetti magistrati.
L’imputato ha protestato per questa sorta di DASPO giudiziario – una vera porcata – per l’ansia e le somatizzazioni d’organo gravi che l’umiliazione derivatengli gli scatena: il giudice ha disposto consulenza allo stesso medico che ha consentito al sig. Giulio LAMPADA noto boss dell’associazione ‘ndragheta – nel merito della cui vicenda giudiziaria non si vuole certo qui certamente, potendo egli essere benissimo una degnissima persona – di lasciare agli arresti domiciliari in quanto, pur non avendo specifiche patologie psichiatriche, la detenzione (è condannato a 14 anni di carcere) gli causa una forma depressiva. (fonte Corriere della Sera del 31/5/2015).
Il dott. PIRFO ha relazionato che l’ing. SCASSA è affetto da un disturbo d’ansia, ma può tranquillamente entrare in tribunale pedinato dai carabinieri: in caso di attacco di panico, si provvederà a chiamare il 118.
L’obiettivo principale di questo blog è dunque quello di rendere note le vicende e gli atti allucinanti che hanno visto protagonisti, tra l’altro, due magistrati, un giudice ed un PM, il cui operato sarebbe auspicabile fosse oggetto di un serio giudizio. Speranza invero che tutti gli avvocati ritengono assolutamente risibile, in quanto tra loro è diffusa convinzione che la Magistratura sia al di sopra della Legge.
Novello sannita, qualche magistrato aveva stabilito che l’ing. SCASSA doveva essere umiliato passando sotto le forche caudine: hanno gettato la maschera, siamo all’intimidazione criminale!
Il processo a carico dell’ing. SCASSA veniva sospeso il 24 maggio 2017 perché il giudice inviava alla Cassazione l’istanza di rimessione che successivamente la Cassazione non riteneva infondata, ma non sufficientemente motivata per spostare il processo ad altra sede. Del resto la S.C. mediante accoglie un’istanza l’anno di rimessione del processo.
L’ing. SCASSA riceveva poi la notifica della fissazione della data per la ripresa del processo con udienza prevista per il 12/3/2018, per l’incombenza della discussione finale, soltanto il 7 marzo 2018, appena 5 giorni prima.
Il 2 marzo 2018 il Tribunale aveva nominato un avvocato d’ufficio che si presentava in aula il 12 marzo senza avere quasi conoscenza degli atti racchiusi in cinque voluminosi faldoni, pressoché tutti provenienti dall’altro proc. pen. n° 1016/12 in cui l’ing. SCASSA non era né indagato né imputato.
L’ing. SCASSA non si presentava in aula all’udienza del 12 marzo 2018, convinto che essa sarebbe stata certamente rinviata per mancanza dei termini di cui all’art 429 cpp (20 giorni come tempo minimo per ricevere una notifica efficace) invocato per interpretazione analogica, in quanto si trattava di un processo che era stato sospeso da circa 10 mesi.
Il giudice dr.ssa SALVADORI rigettava la richieste ex art 429 cpp, su richiesta anche del PM, dr.ssa LORETO, che anche questa volta dimostrava interesse sostanziale a perseguitare l’imputato, come diceva Totò, “a prescindere”, dopo avere a lungo goduto, per due anni circa, del Provvedimento della Procura Generale che obbligava l’imputato ad entrare in Tribunale con l’accompagnamento costante – anche durante la frequentazione dei cessi – di 4 Carabinieri, debitamente istruiti di pedinarlo ovunque, per fiaccarne la resistenza e riuscire – suscitandogli gravi attacchi di panico – a buttarlo fuori dal processo, impedendogli in tal modo di partecipare alle udienze, come si è visto.
Il PM all’udienza del 12 marzo u.s. procedeva in una veloce requisitoria con cui chiedeva la condanna dell’imputato e depositava una requisitoria infarcita di strafalcioni, di idee di riferimento, pervasività del pensiero, dispercezioni assortite, al punto che il PM, forse in preda ad allucinazioni, identificava l’ing. SCASSA con una persona di 15 anni più giovane di lui, con un signore deceduto da molti anni e, a buon peso, anche con un sottufficiale della GdF.
Si procedeva dunque con la velocissima discussione del PM e dei difensori delle pp.oo. Il giudice aveva peraltro stabilito che successivamente l’avv. d’ufficio dell’imputato avrebbe potuto decidere se procedere con l’arringa o intervenire ad una fissanda udienza successiva.
In realtà, terminata la breve requisitoria del PM e le brevi arringhe dei difensori delle pp.oo. l’avvocato d’ufficio dell’Ing. SCASSA procedeva con la discussione.
Dopo un’ora dall’inizio dell’udienza sopraggiungeva l’ing. SCASSA, avvisato nel frattempo da un amico presente all’udienza, che recava con sé due importanti istanze istruttorie, di richiesta di CTU e di revoca dell’ordinanza del giudice per cancellazione di testi che erano stati in precedenza ammessi. Mentre egli entrava in aula, alle 10,30 circa, un’ora dopo l’inizio dell’udienza, l’avvocato d’ufficio stava terminando la discussione, che aveva affrontato senza conoscere per l’appunto quasi nulla degli atti.
Per la serie: fase finale di un proc. pen. farsa degno di una repubblica delle banane, concepito per punire l’ing. SCASSA che aveva difeso un’amica da accuse deliranti, aiutandola a dar forma scritta alla propria autodifesa.
Siamo alla Polizia del pensiero.
L’ing. SCASSA protestava con il giudice per la mancata concessione dei termini ex art 429 cpp (20 giorni per l’inizio del processo applicabili per analogia quando il processo riprende) , sostentando che in tal modo il processo, a suo dire, già viziato da molte irregolarità, si tramutava in una sorta di farsa, essendo stato l’imputato difeso da un avvocato d’ufficio che aveva conoscenza quasi nulla degli atti, non avendo avuto l’imputato tempo materiale per procurarsi un nuovo difensore di fiducia (cosa che onestamente non poteva fregargli di meno, ma che per legge è obbligatoria), e per preparasi a rilasciare dichiarazioni spontanee, posto che l’avviso di fissazione dell’udienza gli era stato notificato solo 5 giorni prima, e che anche la convenzione CEDU in tema di equo processo prevede tempi sufficienti per le notifiche: l’imputato infatti aveva eletto domicilio presso la propria residenza, dove correttamente, ma tardivamente la notifica era stata effettuata.
Inoltre l’imputato non aveva potuto assistere alla requisitoria del PM!
L’ing. SCASSA rilasciava comunque dichiarazioni spontanee per circa un’ora.
Il giudice aggiornava l’udienza per eventuali repliche e nuove dichiarazioni dell’imputato al 26 marzo 2018.
La gravità di quanto accaduto assumeva una tale abnormità e consistenza, la cui conseguenza pacifica poteva costituire un pericolo concreto all’imparzialità del giudice, bene di rilievo costituzionale.
Per questi motivi l’ing. SCASSA chiedeva nuovamente il 22/3/2018 che il processo fosse rimesso ad altro Giudice, designato ai sensi dell’art. 11 c.p.p, presentando una nuova istanza ex art 45 cpp.
All’udienza del 26 marzo 2018, dopo brevissima replica del PM, che nuovamente si inventava atti inesistenti a sostegno della richiesta di condanna dell’imputato, l’ing. SCASSA, che aveva depositato il 22 marzo una memoria di quasi 100 pagine in replica a quella del PM, con cui faceva a pezzi l’intero castello accusatorio dimostrando che esso si fondava sul vuoto penumatico assoluto, oltre a depositare ulteriore memoria di 200 pagine a proprio autodifesa, si autodifendeva ulteriormente in dibattimento dimostrando l’assurdità del contenuto della breve replica orale del PM, oltre a cercare di lumeggiare i totali travisamenti dei fatti e l’asserzione di atti probatori inesistenti da parte dell’accusa nella memoria da essa depositata all’udienza precedente.
Dopo circa un’ora il Giudice dr.ssa SALVADORI toglieva la parola all’imputato.
Seguiva replica flash dell’avvocato d’ufficio simile a quella qui di seguito riportata.
Quindi il Giudice Alessandra SALVADORI alle 13,30 circa si ritirava in camera di Consiglio e alle 14,30 leggeva il dispositivo della sentenza con cui ASSOLVE l’ing. Angelo SCASSA per NON AVER COMMESSO IL FATTO (capo imputazione A) e perché il FATTO NON SUSSISTE (capo imputazione B), capolinea di una macchinazione giudiziaria allucinante durata 4 anni.
Ma vi è molto di più in questo blog.
Esso vorrebbe rendere l’idea di una vicenda giudiziaria perfettamente kafkiana con molteplici protagonisti della dolente umanità.
C’è un esempio allucinante di amministrazione di sostegno aperta nei confronti di un anziano colpito da gravissime patologie. Numerosi quotidiani – La Stampa, Repubblica, Giornale – si sono occupati di questo amministratore, il sig. Giuseppe REALE, nel luglio 2016 per sottolineare il fatto che egli secondo l‘accusa del PM dr. RINAUDO, avvallata dal Tribunale del Riesame, avrebbe sottratto centinaia di migliaia di euro a pazienti di cui era tutore o amministratore di sostegno, motivo per cui la magistratura gli ha sottratto tutti gli incarichi ricevuti ancora in essere, imputandolo per peculato, abuso d’ufficio, truffa, evasione fiscale. Con i proventi delle sue rapine il signore acquistava ville, agriturismi, macchine di lusso, conducendo un tenore di vita strabiliante congiuntamente alla moglie – sua complice – ed ai quattro figli. Questo amministratore è stato il motore del proc. pen. n° 1016/12 da cui deriva in formato copia-incolla l’odierno proc. pen. n° 3712/14 che riguarda l’ing. SCASSA
C’è l’odio giudiziario verso la dottoressa ALPHA, medico di fiducia delle due persone asseritamente circonvenute, che si prodiga verso i suoi pazienti, consentendo loro di telefonarle a qualsivoglia ora del giorno e della notte se bisognosi d’aiuto: odio perché, secondo l’accusa e il giudice che la conferma, costei “è amata in modo quasi morboso dai suoi assistiti”, che sono letteralmente “innamorati di lei”
C’è la tristezza infinita di una signora che negli ultimi due suoi anni di vita, sulla base di una mendace relazione dei servizi sociali, si vede trascinata in giudizio dalla Procura della Repubblica di Torino, prima per l’interdizione e poi per l’apertura di un’amministrazione di sostegno ” a suo favore“: ricorsi entrambi rigettati dal Tribunale. Per la serie: ci scusi signora abbiamo fatto solo un tagliando alla sua capacità di intendere e volere.
Ci sono due sentenze di 1° e 2° grado contro la dr.ssa ALPHA che, dopo aver accertato che un facoltoso signore voleva diseredare in toto i figli, cui per testamento vanno comunque i due terzi del suo patrimonio, pari alla quota legittima, stabiliscono che essi debbano essere gli eredi suoi unici ed universali. Se la predetta prima sentenza era un incubo di manipolazioni documentali e di gravissime motivazioni illogiche, in materia non ha scherzato nemmeno la seconda, infarcita di una quantità mostruosa di errori, di illogiche motivazioni e di nuovi immaginifiche manipolazioni documentali.
La sentenza di 1° grado relativa all’imputato avvocato BETA dà atto invece della piena volontarietà degli atti dispositivi realizzati dal sig. Luigi COSTA; sostenendo che essi costituiscono una sua piena, coerente e libera autodeterminazione. Peraltro anche questo giudice non ha esitato a identificare l’ing. SCASSA con una persona deceduta da parecchi anni e nata 20 anni prima di lui e con un sottufficiale della Guardia di Finanza. Un incubo.
La medesima sentenza di 1° grado contro la dr.ssa ALPHA, dopo aver accertato che un’anziana signora, proprietaria di un monolocale e titolare di una piccolo conto corrente, era in mediocri rapporti con il parente più prossimo in vita, ossia un nipote, stabilisce che egli debba essere il suo erede universale. La sentenza d’appello ha invece, perlomeno, cancellato quest’imputazione perchè il fatto non sussiste.
Agli occhi dell’Inquirente e del Giudicante è sembrato grave il fatto che due anziani, cui la dottoressa ALPHA ha letteralmente salvato la vita, l’avessero beneficiata con disposizioni testamentarie: se l’avessero fatto a favore del Cottloengo o del Comune di Torino, nulla avrebbero avuto a che ridire.
La dottoressa ALPHA era poi anche amica dei suoi pazienti, cosa doppiamente scandalosa. Il medico deve essere un algido professionista. Qui forse più che un fumus persecutionis contro la dottoressa, sembra davvero che qualcuno, sia detto con il massimo rispetto, ma con pari franchezza – si sia fumato qualcosa di troppo: perlomeno, a rileggere le sgangherate incolpazioni e l’ancora più sconnessa sentenza che, per dirla alla De Magistris – un ex che di certi giudici se ne intende – , salutiamo con riverenza .
Ci sono 3 persone offese, i sigg. Andrea Gregorio e Lucia COSTA, il sig. Massimiliano SERRALUNGA due delle quali stanno in giudizio come parti civili, ovvero i parenti dei due anziani deceduti, asseritamente circonvenuti, che, ascoltati a sit, hanno mentito dolosamente e che in qualsivoglia paese civile sarebbero in galera: l’Accusa invece li protegge perché non può più giovarsi del sig. REALE, l’amministratore di sostegno che ora è stato sputtanato.
Ci sono i servizi sociali che sono alla radice della persecuzione della povera signora Anna Maria SERRALUNGA, la quale prima ha rischiato l’interdizione su ricorso della Procura allertata in tale direzione dai servizi sociali, poi ha dovuto difendersi dal secondo ricorso della procura che ha cercato di affibbiarle un’amministrazione di sostegno. Per fortuna sua in entrambi i casi il tribunale ha rigettato le richieste del PM.
Ed infine c’è pure un medico Consulente Tecnico del PM, il dr. Franco FREILONE il quale sostiene che una cartella clinica relativa al ricovero di un signore 80enne il 30-31 maggio 2011 per ipokalemia è la prova conclamata che a quella data egli era circonvenutile agli occhi di tutti, anche se l’unico dato di pertinenza psichiatrica nel diario clinico lo definisce “vigile cosciente”. Il dr. FREILONE asserisce poi che il medesimo paziente, interrogato dalla PG su delega del PM nel dicembre 2010, poiché aveva confuso in un punto lire con euro denotava “una fragilità della memoria” e quindi manifestava “una condizione di vulnerabilità e suggestionabilità conseguenti” e che quindi egli era in condizioni di circonvenibilità rilevabile però solo che da chi ne avesse avuto una “frequentazione duratura e continuativa”. Sorprendente.
Infatti in una puntata di “Porta a Porta” del settembre 2009 il Presidente del Consiglio BERLUSCONI ebbe infatti ad incorrere in una clamorosa confusione tra lire ed euro, ed il conduttore del programma televisivo, il mitico Bruno VESPA – il cui programma ultraventennale secondo Andreotti costituiva nei fatti una sorta di terza camera – cercò di correggerlo andando incontro ad una gaffe ancora più clamorosa; si innescò poi un siparietto tra i due davvero memorabile.
Sembra davvero il teatro dell’Assurdo mescolato alla Tragedia greca.
La storica sede dei Poveri Vecchi di Torino
Il sottoscritto ing. Angelo SCASSA, nato a Torino il 1°/2/1963, precisa anzitutto di aver già sporto denuncia querela contro il Giudice dott. Rosanna LA ROSA del Tribunale di Torino e il PM dott.ssa RUFFINO, le pp. oo. COSTA Andrea Gregorio, COSTA Lucia e SERRALUNGA “prof” Massimiliano, eredi delle due persone asseritamente circonvenute che – sia ben chiaro – non mi hanno lasciato erede di un solo centesimo, né mai mi hanno dato un centesimo quando erano in vita, circostanze queste pacificamente non contestatemi
Il Giudice Rosanna LA ROSA è stato denunciato per il reato di falso e/o di falso con dolo presso la Procura della Repubblica di Milano, perché nelle motivazioni della sentenza n° 213/14 (in ambito di rito abbreviato) pronunciata contro la dott.ssa ALPHA, ha erroneamente – in modo veramente stupefacente e tale da suscitare l’ipotesi del dolo – identificato l’ing. SCASSA, non imputato e non indagato, con sei diverse persone a lui del tutto estranee, giungendo anche a letteralmente alterare le dichiarazioni di un falso teste, il sig. Massimiliano SERRALUNGA oltre, più in generale, a motivare con argomentazioni fortemente illogiche, accompagnate da travisamento dei fatti e gravi omissioni.
S.E. il PM dott.ssa RUFFINO, che ha aperto il procedimento pen. n° 3712/14 per ripugnante reato di circonvenzione d’incapace in concorso con continuazione del reato (art. 643 – 110 c.p., 81 cpv) nei confronti dell’ing. SCASSA, è stato denunciato presso la Procura di Milano per i reati di abuso di potere, di falso ed omissione di atti dovuti
Entrambe le denunce – presentate il 30 luglio 2014 – sono state archiviate dal Procuratore Aggiunto di Milano dott. Robledo, noto per i suoi reiterati match con il Procuratore Capo Bruti Liberati. Con lettera della Procura di Milano del 13 settembre 2014, che allo scrivente è stata notificata il 1° ottobre, mi è stato infatti comunicato che il dott. Robledo ne ha disposto direttamente l’archiviazione in data 10 novembre 2014, testualiter! dopo averle iscritte a modello 45, mandando dunque un messaggio viaggiato in qualche misterioso campo tachionico, che è rimbalzato all’indietro dal lontano futuro.
Con il che – sia ben chiaro – non intendo avanzare nemmeno lontanamente l’ipotesi che sia scattato uno spirito di casta in questa sua decisione, né tantomeno che si tratti di una sorte di precostituita volontà di colpire chi la casta della magistratura aveva osato attaccare, rectius ridicolizzare, evidenziando come in una sentenza si era verificata l’immaginifica circostanza di un giudice, il quale, condannando un’altra persona, si era tuttavia nelle motivazioni spesso riferito al sottoscritto, chiedendo alla Procura, cui rinviava gli atti, di valutarne il profilo penale, dopo averlo identificato con ben sei diverse persone, per la serie “sei personaggi in cerca d’autore”; così come, in tandem con il giudice, un pubblico ministero che per due anni aveva indagato sulla persona condannata e sul coimputato, era corso, ad imputarmi copiaincollando con un word editor i capi di imputazione dell’imputata, condannata con grave ingiustizia, come se, novello Paolo, fosse stato folgorato da un’improvvisa illuminazione. Le pp.oo succitate sono state denunciate presso la Procura di Torino all’inizio di febbraio 2014 perché hanno reso false testimonianze con intenti certamente dolosi: ovviamente le indagini, manco a dirlo, sono in fase di indagine, cioè giacciono sotto uno strato di polvere spesso oramai quasi di nove mesi.
Si impongono peraltro due doverose constatazioni:
1°) Si osserva che da tempo il PM Ruffino, alla luce delle gravi imputazioni ex art. 643 – 110 c.p, 81 cpv (reato di circonvenzione d’incapace in concorso con continuazione del reato), è stato sollecitato dal sottoscritto a valutare la circostanza che l’ing. SCASSA riveste, come docente a tempo indeterminato nella scuola secondaria pubblica, anche il ruolo di pubblico ufficiale: non può non destare preoccupazione che a un simile “personaggio” – per utilizzare un’espressione cara al GUP dr.ssa LA ROSA – venga affidata non solo l’istruzione, ma anche l’educazione di allievi che potrebbero essere minorenni, con tutti gli aspetti di potenziale vulnerabilità, rectius di suggestibilità, che l’età adolescenziale inevitabilmente presenta. L’ing. SCASSA infatti è docente di discipline meccaniche presso l’ITIS Avogadro di Torino in due classi seconde, una terza, ed una quarta , con netta prevalenza di allievi minorenni. Un genitore di costoro potrebbe restare esterrefatto, sapendo che tanto gravi imputazioni pesano sul capo di un professore di suo figlio. Nelle more del giudizio, sarebbe forse opportuno disporre autoritativamente da parte della Magistratura una sospensione cautelare dall’insegnamento del prof. SCASSA.
2°) Il prof. SCASSA che si è ampiamente autodifeso, producendo già dopo aver ricevuto l’avviso ex art. 415 bis, una poderosa memoria di oltre e 300 pagine. Dopo aver fugacemente nominato, quando venne raggiunto dall’avviso di garanzia gli avvocati Fracchia e Fantozzi, che poi dismise per la loro lontananza geografica da Torino, è stato assistito per breve periodo da un altro legale quando dovette ritualmente comparire davanti al PM per l’avviso di garanzia, e quando si presentò per farsi interrogare da un PM peraltro latitante (al suo posto si presentò un sottufficiale della PG), dopo aver ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini ex art. 415 bis cpp nel maggio 2014; indagini in realtà mai iniziate perché il proc. pen. n° RG 3712/14 contro l’ing. SCASSA è semplicemente un travaso di tutte le indagini del proc. n° RG 1016/12, aperto contro la dott.ssa ALPHA e l’avv. BETA il 16/1/2012.
Ma l’ing. SCASSA farebbe volentieri a memo dell’intermediazione di un legale. Ritiene infatti che qualsivoglia avvocato si sovrapporrebbe inutilmente alle sua difesa, articolata, come si è scritto, in una corposa memoria, corredata da un’altrettanto voluminosa mole documentale in cui si dimostra in modo indefettibile che egli è vittima di una macchinazione giudiziaria. L’art. 24 della Costituzione, tutela infatti la difesa come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, ricomprendendo in tal modo genericamente sia la difesa sostanziale dell’imputato – cui lo scrivente non intende assolutamente sottrarsi e della cui sua volontà in merita è testimone, per l’appunto, l’ampia memoria difensiva prodotta – sia quella “tecnica” del difensore, che non può essere intesa come obbligo, ma come opportunità offerta all’imputato. Insomma l’ing. SCASSA ritiene che una difesa “tecnica” di parte di un avvocato qualsivoglia nuocerebbe ai suoi interessi, essendo egli perfettamente in grado di difendersi da solo, con profonda cognizione di causa.
La tutela costituzionale si riferisce semplicemente a tutti i possibili modi in cui l’esercizio della difesa può essere esercitato e non pare implicare alcun obbligo di imposizione di un difensore ad un imputato. Si invita in ogni caso il Giudice del proc. pen. n° RG 3712 a rilevare e valutare l’incostituzionalità di un tale obbligo
Peraltro l’Imputato, ritenendosi vittima di una macchinazione kafkiana e vergognosa, che irride il più elementare concetto di Giustizia, ha deciso di sporgere denuncia contro entrambi i magistrati, confidando – ingenuamente – nella serenità di altri Inquirenti anche laddove chiamati ad indagare contro colleghi, non essendo stata certo intenzione – sia detto con assoluta franchezza e senza piaggeria alcuna – del querelante svolgere una generalizzata accusa a pubblici ministeri e giudici, considerato che, ovviamente, l’integrità morale ed etica e la professionalità sono qualità intrinseche alla singola persona e non all’istituzione cui afferisce. Spiace semmai aver dovuto constatare l’atteggiamento di piaggeria assoluta rilevato negli avvocati consultati in merito alla predetta iniziativa, che, facili profeti, si sono espressi in termini assolutamente negativi, vivamente sconsigliando simili querele e prefigurando atteggiamenti ritorsivi di rappresaglia a seguito di esse da parte dei giudici del proc. pen. n° 3712/14 RG per spirito di casta, e che hanno fornito una descrizione della Magistratura in generale simile per caratteristiche evidenziate a quella di un’autentica cosca di potenti signorotti, legati tra loro da una sorta di solidarietà di colleganza, in nome della quale travalicherebbero il dovuto rispetto della Legge, omettendo anche di compiere atti dovuti per l’ufficio che rivestono, e capaci di pronunciare senza scrupolo alcuno sentenze di condanna. Affermazioni che di certo buona parte degli avvocati non svolgono in pubblico, dove anzi indugiano in omaggi e salamelecchi assortiti alla magistratura, ma che formulano tranquillamente in privato nei colloqui con i potenziali clienti.
Del resto, è recentemente pervenuta all’ing. SCASSA notizia addirittura del fatto che il PM dr.ssa RUFFINO, nel dibattimento apertosi a carico dell’avv. BETA – coimputato con la dott.ssa ALPHA nel proc. pen. n° RG 1016/12, da cui deriva l’attuale proc. pen. n° RG 3712/14, con coincidenza assoluta degli atti tutti d’indagine degli inquirenti e con sostanziale copia-incollatura delle condotte addebitate alla dr.ssa ALPHA per sostenere l’accusa di circonvenzione dei due anziani signori suoi pazienti ed amici, anche a carico dell’ing. SCASSA – aveva addirittura richiesto al Giudice monocratico di quel processo di esaminare l’eventualità di un accorpamento del giudizio con quello cui “certamente” verrà rinviato l’ing. SCASSA, con ciò dando per scontato l’esito dell’udienza preliminare: per la serie tout se tient.
E con quest’atto, se ancora potesse essere residuato qualche dubbio infinitesimale, il PM ha confermato di sentirsi letteralmente “padrone del vapore”, e di ritenersi, per così dire, investita anche della certezza del pronunciamento del giudicante, di cui è sembrato voler fare le veci.
Ma altri fatti sconcertanti hanno fatto seguito a questo iter del proc. pen. de quo.
Il processo all’ing. SCASSA è infatti iniziato il 26 marzo 2015, udienza che è stata subito aggiornata al successivo mese di aprile. In due distinte udienze di aprile e maggio 2015 l’imputato ha chiesto ed ottenuto di rendere dichiarazioni spontanee durate complessivamente circa otto ore, con le quali egli ha svolto una dura requisitoria nei confronti del tandem PM e GUP LA ROSA che nelle motivazioni della sentenza di condanna di primo grado della dr.ssa ALPHA aveva richies6to di valutare il di lui profilo penale, come si è scritto. Il PM dr.ssa RUFFINO, dopo aver chiesto l’esame dell’ing. SCASSA – che aveva acconsentito – vi ha rinunciato; altrettanto hanno fatto e parti civili, che si sono sempre mosse sula scia dell’Accusa.
Poi, ecco succedere qualcosa si davvero incredibile, una pacifica ritorsione del sistema Giustizia contro l’ing. SCASSA che si è permesso di denunciare i due magistrati e li ha attaccati ulteriormente con le dichiarazioni spontanee rese nel processo.
La Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino, in data 10/7/2015 prot. n. 4388/EC/15 emette un provvedimento, le cui motivazioni solo in minima parte l’ing. SCASSA conoscerà il 19/4/2016, dopo reiterate istanze scritte e verbali, che datano a partire dal 28/10/2015, quando egli presentò formale istanza scritta alla medesima Procura Generale, per venire a conoscenza delle sconcertante ragioni di un provvedimento totalmente infondato in fatto e diritto, le cui conseguenze aveva subito la prima volta a a metà luglio 2015, accedendo al Palazzo di Giustizia di Torino per la consegna ad un giudice civile della cosiddetta copia di cortesia della CTU da lui già inviata al Tribunale Civile con le procedure del PCT.
Il 19/4/2016 infatti – dopo l’ennesima richiesta dell’ing. SCASSA in tal senso – la Procura generale comunicava all’istante il provvedimento n° 4388//EC/15, emesso in data 10/7/2015, recante nell’oggetto la seguente dicitura: “SCASSA Angelo. Limiti all’accesso nel Palazzo di Giustizia dì Torino “Bruno Caccia”
In detto provvedimento il Procuratore Generale dispone che: “il personale dì vigilanza privata e di Polizia Giudiziaria addetto al controllo degli ingressi nel Palazzo “Bruno Caccia”, superate le barriere con “meta! detector”, identifichi il Sig. SCASSA Angelo chiedendogli i motivi dell’accesso nel palazzo, che gli verrà consentito unicamente qualora gli stessi siano validi.
In tal caso tuttavia personale dell’Arma dei Carabinieri, .o di altra Forza di Polizia presente e disponibile, provvedere ad accompagnare il Sig. SCASSA Angelo ove lo stesso ha dichiarato di doversi recare, vigilando sul suo comportamento. Al termine dell’incombenza che ha giustificato l’accesso, il Sig. SCASSA Angelo verrà riaccompagnato all’uscita”.
Il provvedimento sarebbe stato assunto sulla base di una misteriosa nota “nota del Sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dì Milano datata 17.6.2015 e relativa all’atteggiamento di SCASSA Angelo, nato a Torino I51.2.1963, nella quale, sulla base di atti in possesso di detto Ufficio, lo stesso viene definito “ossessivo” nei confronti dì un Magistrato che opera nel Palazzo dì Giustizia “Bruno Caccia”, tanto da determinare “profili dì sicurezza del Magistrato”,
Come è facile notare, il linguaggio della decisione – infarcita di anacoluti e di sgrammaticature assortite, tali da renderla quasi intellegibile – è volutamente criptico: in esso si fa riferimento ad una misteriosa nota ed ad un altrettanto misterioso magistrato e dispone un pedinamento di fatto dell’ing. Angelo SCASSA da parte dei carabinieri ogni qual volta egli debba entrare al Palazzo di giustizia, una sorta di DASPO giudiziario, sulla falsariga di quei provvedimenti che il prefetto assume per allontanare i tifosi violenti dagli stadi. All’ing. SCASSA non viene infatti mosso alcun addebito particolare, salvo un riferimento fumoso e generico, non sostanziato da precisazione alcuna, “ ad un atteggiamento ossessivo nei confronti di un magistrato” che non si capisce bene in quali azioni si sarebbe mai concretizzato.
Il provvedimento è particolarmente sconcertante perché assunto contro un professionista come l’ing. SCASSA che risulta avere la doppia iscrizione all’albo dei CTU e dei periti, e di cui, anche in data successiva a quella del provvedimento il tribunale civile si è servito per consulenze, ripetutamente encomiate da vari giudici per l’accuratezza, la completezza, e l’approfondimento che le ha caratterizzate.
Incredibili dictu, l’ing. Angelo SCASSA, in base alla decisione assunta dal dott. MADDALENA dovrebbe giustificare il suo accesso al Palazzo di Giustizia ai Carabinieri, i quali sarebbero liberi di sindacare nel merito il suo diritto di accedervi o meno sulla base di criteri evidentemente lasciati al loro arbitrio, come se egli non fosse un libero ed incensurato cittadino, che ha il pieno diritto di accedere al tribunale anche solo semplicemente per presenziare alle udienze di processi che terminano con sentenze emesse in nome del popolo italiano, cui, per adesso, egli ancora appartiene.
In considerazione del fatto che l’ing. SCASSA è attualmente, incredibilmente, implicato in un processo, motivo per cui, infatti, il dott. MADDALENA, tradendo la voglia di precludere in toto l’accesso al Palazzo di Giustizia al professionista, si sente in dovere di specificare che benignamente si deve “contemperare da una parte il diritto del Sìg. SCASSA Angelo a presenziare ai processi’ pubblici dì suo interesse e ad assumere le informazioni che gli sono dovute in base alle norme processuali”, frase che suona ugualmente criptica, e che è in ogni caso non configura certo una concessione, non essendo certo in potere del potentissimo ex procuratore capo dott. MADDALENA l’impedire che addirittura un imputato presenzi alle udienze di un processo o acceda alla cancelleria per consultare gli atti del processo che lo riguarda, parte dei quali paiono già – incredibilmente – scomparsi. Successivamente il procuratore precisa inoltre che si deve garantire “ la sicurezza del Magistrato [innominato, ndr] e degli Uffici che a vario titolo con lo stesso collaborano (anche tenendoli indenni dalla .-.possibilità di molestie verbali”, manco se in passato si fosse mai verificata la benché minima offesa, ingiuria, o molestia da parte dell’ing. SCASSA nei confronti di qualche magistrato o suo collaboratore.
Siamo dunque in presenza di una decisione che lede gli elementari diritti costituzionale del cittadino, a cominciare dall’art. 13, e che è stato minacciosamente assunto, a puro scopo intimidatorio contro l’ing. SCASSA, per il banale motivo che egli si è permesso di denunciare due magistrati, senza ovviamente aver mai commesso nei loro confronti alcun tipo di reato.
Non soltanto ma viene falsata anche la regolarità del processo che l’odierno ricorrente sta subendo, posto che i testimoni vedono l’imputato entrare in aula accompagnato da 4 carabinieri, e non possono non essere influenzati psicologicamente dalla circostanza.
Ma soprattutto viene lesa la salute dell’ing. SCASSA il quale vive come una feroce vendetta nei suoi confronti il provvedimento della Procura, in quanto egli soffre di patologie croniche stress correlate, come meglio si andrà a dettagliare, motivo per cui si ingenerano in lui pericolose somatizzazioni d’organo con severi rialzi della pressione arteriosa diastolica e fuoriuscita di fluido infra ed iporetinico.
Si nota per inciso che dall’udienza del 28 ottobre 2015 è scomparsa la dr.ssa RUFFINO, che ora risulta sostituita alle udienze dalla sua superiora gerarchica, la dr.ssa LORETO.
E del resto il provvedimento si presenta scritto in uno stile più confacente alla criptomania di un sevizio segreto che alla naturale limpidezza cui dovrebbe attingere un magistrato, non è sostanziato da alcuna specifica accusa, ma si limita a suscitare vaghe suggestioni di pericolo o di comportamenti, in una sorta di marasma evocativo che richiama la forma delle discussioni dei dotti bizantini, che con i turchi alle porte, discutevano del sesso degli angeli.
Il procuratore accusa l’ing. SCASSA di aver tenuto “un comportamento ossessivo”, anzi ciò emergerebbe dalla misteriosa nota della Procura della Repubblica di Milano che addirittura avrebbe sollecitato il provvedimento limitativo della di lui libertà di movimento. L’alto magistrato si sarebbe profuso in un giudizio che chiaramente attinge alla sera di competenze di uno psichiatra, con la nonchalance di un dilettante allo sbaraglio che lede disinvoltamente i diritti costituzionali di un cittadino, lo umilia, con tutte le conseguenze del caso.
Ad ogni modo risulta poi assurdo ed intimidatorio in massimo grado il comportamento tenuto dall’odierno procuratore generale di Torino che dinanzi a una successiva istanza dell’ing. SCASSA del maggio 2016 di venire a conoscenza della nota della Procura di Milano richiamata nel testo del provvedimento, in termini sprezzanti, osserva che si tratta di corrispondenza riservata – fra un po’ processeremo, come nel romanzo di Kafka gli imputati sulla base di documenti a lui non accessibili! – sostenendo che stranamente egli sembra “non appagarsi della conoscenza del provvedimento”, utilizzando anche qui termini sprezzanti tipici di chi considera, dall’alto dello strapotere giudiziario, i cittadini alla stregua di fastidiosi scocciatori che, ogni tanto, pretendono persino di sapere per quale motivo vengono conculcati i loro diritti, e non si accontentano di subire passivamente le restrizioni alla propria libertà decretate dai magistrati, i cui comportamenti sembrano talvolta simili a quelli della criminalità comune.
In ogni caso, all’udienza del 5 maggio 2016 dedicata all’audizione di alcuni testi richiesta dall’imputato, l’ing. SCASSA è stato colto da malore al solo avvicinarsi la Palazzo di giustizia, provando un’acuta sofferenza psicologica prefigurandosi l’umiliante pedinamento da parte di quattro carabinieri che avrebbe dovuto subire di cui si è scritto: egli soffre infatti da anni di retinite sierosa centrale, patologia oftalmica che è stress correlata e di disturbi di attacchi di panico. Quella mattina la sua pressione arteriosa diastolica, la cosiddetta minima, raggiungeva i 130 mmHg, valore pericolosissimo, a rischio di incidente cardiocerebrovascolare, come documentato con certificazione medica. Il tutto si inseriva in un quadro clinico complessivo in cui erano comparsi seri problemi di salute di natura strettamente organica, per i quali erano in corso accertamenti. Il Giudice, che aveva programmata udienze per ascoltare i testi richiesti dalla difesa, concedeva il legittimo impedimento per l’udienza del 5 maggio; alla successiva udienza del 13 maggio però – persistendo l’indisponibilità dell’ing. SCASSA – su insistenza anche della dr.ssa LORETO, subentrata all’iniziale PM L. RUFFINO – disponeva perizia medica per accertarne le condizioni di salute, nominando come “consulenti” la dr.ssa Rita CELLI medico legale, ma soprattutto il dr. Elvezio PIRFO, psichiatra, di cui, attraverso una breve ricerca con qualsivoglia motore su internet, si apprende essere noto meglio come “il boia delle Vallette”, con riferimento alla sua pregressa esperienza di consulente del Ministero di Grazia e giustizia presso il carcere di Torino.
Più recentemente, su La Stampa del 6 agosto 2016 leggiamo che il Dr. PIRFO, pacificamente uomo di potere, lascia l’incarico di primario psichiatra che deteneva presso l’ospedale Amedeo di Savoia – sezione distaccata del Maria Vittoria- sotto accusa da parte della Corte dei Conti in un’inchiesta riguardante un danno erariale di 30 milioni – dicasi trenta – maturato con la gestione truffaldina di cinque comunità psichiatriche.
Il dr. Elvezio PIRFO, riconosce all’ing. SCASSA lucidità mentale e integrità della volizione, ma nega che gli attacchi di panico da cui è afflitto da anni – ed il correlato problema di retinite sierosa centrale – possano essergli di impedimento di partecipare al Processo. Egli afferma, anzi, spigolando che – contrariamente a quanto diagnosticato da noti clinici, quali i proff. ROVERA di Torino e ZAPPELLA di Siena – conosciuti non per la loro specializzazione in perizie per il Tribunale, ma per il valore delle loro competenze accademiche, che è ben altra cosa – l’ing. SCASSA non soffrirebbe del Disturbo da attacchi di panico (DAP), ma del “Disturbo dell’adattamento con Ansia Cronica”. Si tratta pacificamente di giochi di parole in ogni caso.
Secondo l’emerito dr. PIRFO, gli attacchi di panico e la retinite sierosa centrale di cui soffre l’ing. SCASSA, patologie correlate e documentatissime, con risalenza rispettivamente al 2007 ed al 2001, con esami diagnostici e visite presso l’Harvard Medical School di Boston e con la consultazione di specialisti che hanno lavorato a Washington, università e ospedali di fama mondiale, a differenza di quelli in cui ha agito il dr. PIRFO, non ci sarebbe alcun problema.
Per la valutazione del potente psichiatra, tanto caro alla Magistratura, l’ing. SCASSA può tranquillamente entrare in Tribunale con il pedinamento e accompagnamento coatto da parte di quattro carabinieri, novello erede in peius del signor K di kafkiana memoria, perché per una vendetta di qualche magistrato è stata decisa questa misura, con motivazioni che devono restare sconosciute, lesiva della sua libertà: se poi verrà colpito da un incidente cerebrovascolare per gli elevati valori della pressione arteriosa, dovuti alla somatizzazione ansiosa per la sofferenza che prova a seguito di questa autentica porcata che deve subire per colpa di un potere criminalmente esercitato, ebbene, allora, saranno , come suol dirsi, cazzi suoi.
Lo psichiatra ha tuttavia specificato che “laddove si verificasse la crisi d’ansia essa andrebbe affrontata come in qualsiasi altro contesto e ciò mediante l’intervento di un medico e la somministrazione di un ansiolitico al momento, cosa che presso il palazzo di giustizia può essere fatta ricorrendo ad un intervento medico o presso l’ambulatorio medico del tribunale o in extrama ratio mediante chiamata del 118”.
Si osserva per inciso che il dr. PIRFO , secondo quanto riferiscono le cronache, ha invece ritenuto che il boss della ‘ndragheta LAMPADA – nel merito della cui vicenda giudiziaria non si vuole certo qui certamente, potendo egli essere benissimo una degnissima persona – deve essere portato agli arresti domiciliari in quanto, pur non avendo specifiche patologie psichiatriche, la detenzione (è condannato a 14 anni di carcere) gli causa una forma depressiva: insomma al boss il dr. PIRFO ha riconosciuto, secondo la felice definizione del Corriere della Sera, una sorta di “allergia al carcere”, mentre all’incensurato ing. SCASSA, corre l’obbligo di entrare in tribunale con l’accompagnamento forzato dei Carabinieri.
Ma non è possibile non soffermarsi sulla considerazione finale del dr. PIRFO, laddove afferma che il problema di fondo dell’ing. SCASSA consisterebbe nel fatto che egli “non accetta di partecipare all”Udienza”, come la definisce lui: infatti si tratta solo di un ennesimo passaggio della commedia degli inganni in onda su teletribunaleditorino, essendo notorio che l’imputato non si è mai sottratto alla partecipazione attiva alle udienze tutte fino all’applicazione di quella micidiale porcata del provvedimento a firma del Proc. Gen. MADDALENA – partecipandovi anche dopo, tra sofferenze notevoli all’udienza del 28/10/2015, la prima dopo l’applicazione del DASPO giudiziario – e che ha sempre ritenuto l’obbligo di avere un avvocato, ancorché legittimo, ma incostituzionale, questione che ha in passato anche acceso concorde perplessità in più di un magistrato.
L’ing. SCASSA non è scappato dal processo, è la Magistratura che ha cercato di estrometterlo da esso.
Comunque, all’esito della consulenza medico legale disposta e depositata nel luglio 2016, il giudice ha aggiornato il processo alle data del 19/9/2016, cui è seguito un breve rinvio al 5 ottobre per l’avvenuta nomina obtorto collo da parte dell’imputato del cosiddetto difensore “Galbani”, ovvero di fiducia.
In occasione dell’udienza del 5 ottobre 2016, prima di entrare in tribunale l’ing. SCASSA è stato colto da un fortissimo attacco di panico con pressione arteriosa salita a 180/128 mmHg, dove il vertiginosa aumento della minima ha anche in passato accompagnato i suoi attacchi di panico e l’ha posto in quella circostanza oggettivamente a rischio di incedente cardio – cerebro – vascolare. Il corteo di sintomi scatenatisi, ovvero vertigini fortissime, perdita di equilibrio, impossibilità a muoversi gli ha impedito di entrare al palazzo di giustizia.
Egli si è messo in contatto con il 118 e non ha potuto comunque presenziare all’udienza. il Giudice, tuttavia, ha negato il legittimo impedimento, sollecitato in tale rigetto dal PM dr.ssa LORETO. L’’ing. SCASSA ha vivacemente protestato contro questa illegittima decisione assunta da un magistrato che nona aveva alcuna competenza né certificazione per valutare l’entità del pesante malore accorsogli pochi minuti prima dell’inizio dell’udienza.
In ripetute occasioni di udienza l’ing. SCASSA si è visto compreso – rectius negato – il suo diritto all’autodifesa, perché in occasione degli attacchi di panico e violente crisi di ansia parossistiche provate in occasione di suoi tentativi di ingresso in tribunale dove adesso dovuto passare sotto le forche caudine dell’accompagnamento dei carabinieri – secondo i classici canoni della’nsia anticipatoria – è stato colpito da rilevanti e pericolosi per la sua incolumità fisica rialzi della pressione arteriosa, con valori, che documentatamente si sono attestati a 200-220 mmHg per la pressione sistolica (la cosiddetta massima) e 110-130 per la diastolica (la cosiddetta minima): il tutto nonostante la somministrazione di antipertensivi. Il corteo dei sintomi ricomprendeva poi anche vertigini fortissime, perdita di equilibrio, senso di morte incombente che nemmeno gli psicofarmaci riuscivano a controllare.
All’ultima recente udienza del 5/4/2017, ad esempio, l’ing. SCASSA ha nuovamente richiesto il legittimo impedimento, documentato con duplice certificazione medica con cui si certificava in data 4/4/2017:
“In data odierna ho vistato l’ing. Angelo SCASSA… All’esame obiettivo presenta un quadro riacutizzativo di risalente sintomatologia da disturbo da attacchi di panico con ansia generalizzata. Ipertensine sistemica molto elevata (200-110); capogiri; disequilibrio; somatizzazione d’organo; quadro che è a rischio di incidenti cerebrovascolari. I paziente mi rappresenta che il 5 aprile 2017 dovrà partecipare ad udienza in tribunale con accompagnamento coatto dei Carabinieri, obbligo da lui vissuto come ingiustizia e come vessazione. Tale circostanza è fonte di ansia anticipatoria, predisponente a pussè ipertensive, ragione che sconsiglia chiaramente la sua partecipazione all’udienza per prevenire il rischio di ictus o infarto miocardico..”
Orbene ogni volta si ripeteva lo stesso medesimo trito copione: il giudice dà atto della pervenuta richiesta di legittimo impedimento, interpella le parti processuali, vi è opposizione da parte del PM, cui segue quella degli avvocati delle cosiddette pp.oo, ed ogni volta il Giudice dr.ssa SALVADORI aderisce supinamente alla richiesta dell’Accusa di negare il legittimo impedimento.
Pacifiche le violazioni di legge compiute dl giudice del processo che aveva l’obbligo di accertare le condizioni di salute reale dell’imputato e che, evidentemente condizionato un contesto ambientale in cui l’ing. SCASSA è visto come nemico della magistratura, se n’è letteralmente fregata della salute dell’imputato e ha relegato nel cestino della carta straccia le plurime sentenze della S.C: che stabilivano quali dovevano essere i suoi precisi doveri.
L’ennesima dolorosa prova che si tratta di un processo farsa.
Addirittura in occasione dell’udienza del 14/11/2016 è stato lo stesso imputato a rinunciare con memoria scritta a presenziare al’udienza senza chiedere il riconoscimento dell’impedimento.
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Il PM non solo si inventa come Mandrake le imputazioni a carico dell’ing. SCASSA, ma sostiene che egli continua a circonvenire anche i defunti
L’ing. Angelo SCASSA considera una medaglia d’oro al valor civile l’avviso di chiusura delle indagini con il dettaglio delle incolpazioni contestategli, tradottosi di piè pari nella richiesta di rinvio a giudizio da parte del PM: trattasi infatti di una sorta di allucinante farneticazione, in cui gli vengono addebitate condotte che sono categoricamente escluse dagli atti tutti del proc. pen. 3712/14, che, come si è specificato, sono di derivazione stati dal proc. pen. n° 1016/12 che riguarda la dottoressa ALPHA e l’avv. BETA.
Ed è davvero pazzesco il comportamento del Pm che, senza condurre alcun atto di indagine nuovo rispetto al proc. pen. n° RG 1016/12 – che ha visto imputati ALPHA e BETA – ha chiuso le indagini quello stesso 2 aprile 2014 in cui l’indagato ing. SCASSA si è presentato al suo cospetto – obbligato – dopo aver ricevuto uno sgangherato inintelligibile avviso di garanzia.
IMPUTAZIONI all’ing. SCASSA formulate
da S. E. il Pubblico Ministero dr.ssa RUFFINO
Avviso della conclusione delle indagini preliminari art 415 bis cpp
Il Pubblico Ministero
visti gli atti nel proc. pen. nei confronti di
SCASSA Angelo
In ordine ai seguenti delitti:
a) delitto di cui agli arti. 81 cpv . e 110 c.p. e art. 643 c.p. perché, in concorso con ALPHA, sua fidanzata e BETA, nei confronti del quale si è proceduto separatamente in proc. pen. n° 1016/12 RGNR con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, per procurare sé o ad altri un profitto, abusando dello stato di infermità o di deficienza psichica di COSTA LUIGI ANTONIO, nato a Genova il 20.4.1931 e deceduto a Torino il 27.12.2011, il quale, anche se non interdetto o inabilitato, era persona vulnerabile a causa della età e di svariate patologie (severa cardiopatia ischemica, vascolopatia periferica e depressione risalenti al 2006) e tali da renderlo all’epoca dei fatti in stato di deficienza psichica riconoscibile, lo inducevano a compiere atti che importavano un effetto giuridico dannoso per lui o per altri, segnatamente:
- a rilasciare, nel 2008, a favore di Scassa Angelo delega bancaria ad operare su tutti i conti intestati a COSTA Luigi e accesi presso UBS sui quali giaceva una somma complessiva di 2 milioni e 83.000 €;
- a costituire il TRUST LUIGI COSTA, avanti al Notaio De Lorenzo di Torino, in data 7.12.2010, nominando TRUSTEE la ALPHA e GUARDIANO lo SCASSA ANGELO, fidanzato della ALPHA, atto con il quale si prevedeva che il TRUSTEE disponesse e godesse dei beni del TRUST senza limitazione, con gli stessi poteri riconosciuti al proprietario o titolare dei beni stessi, e che avesse come compenso l’usufrutto su uno degli alloggi fra quelli appartenenti al Trust;
- a fare testamento con atto pubblico, avanti al Notaio De Lorenzo di Torino, in data 7.12.2010, testamento con cui COSTA nominava esecutore testamentario la ALPHA e stabiliva che, qualora il testamento in oggetto o l’atto di costituzione del trust fossero stati impugnati dagli aventi diritto, la quota disponibile del patrimonio – comprendente l’immobile sito in Genova Nervi, via Don Pasquale de Barbieri – andasse alla ALPHA e la medesima ALPHA divenisse beneficiaria finale del TRUST e con cui stabiliva, inoltre, che, a prescindere da ogni impugnazione del trust o del testamento, alla ALPHA spettasse l’usufrutto dell’alloggio sito in Genova Nervi;
- a sottoscrivere testamento olografo, in data 10.12.2010, con cui COSTA disponeva che la quota disponibile del patrimonio spettasse, senza condizioni e per intero, alla ALPHA e che entro tale quota fosse ricompreso l’immobile sito in Genova Nervi unitamente a tutti i mobili e gli effetti ivi presenti;
- a depositare il suddetto testamento olografo in data 8.4.2011 presso lo studio del Notaio Ajmerito di Torino;
la ALPHA inducendo il Costa, nell’aprile 2006, a cambiare medico di base scegliendo il Dott. Mollica – del quale la ALPHA era sostituto – ed offrendosi di occuparsi del COSTA come medico e come amica, prospettando al COSTA anche una possibile relazione sentimentale, approfittando della sua solitudine per ottenere denaro (per l’acquisto dell’autovettura, per la ristrutturazione della cucina)
- e contestualmente isolandolo dai figli e dagli amici,
- ciò con la costante collaborazione di Scassa Angelo sempre disponibile ad offrire “pareri tecnici”, o ritenuti tali ed ad affiancare la ALPHA in ogni decisione, attivandosi anche personalmente nella redazione di scritti che in apparenza potessero essere riferiti al Costa e che potessero servire ad avvalorare la condizione di Costa quale persona perfettamente in grado di determinarsi e presentandosi all’occorrenza falsamente come “Dott. Scassa dello studio BETA”;
- tutti e tre – ALPHA, BETA e SCASSA – impedendo, a partire dall’agosto 2010, l’intervento degli assistenti sociali a favore del Costa, nonché – dopo l’avvio della procedura per la nomina di Amministratore di Sostegno da parte dei figli COSTA ANDREA e COSTA LUCIA – adoperandosi al fine di intralciare l’istruttoria e di evitare che il CTU, nominato dal Giudice Tutelare in data 6.4.2011, potesse visitare il COSTA stesso, facendo predisporre certificati medici ad hoc e contestualmente accompagnando, insieme, in data 8.4.2011, lo stesso COSTA dal Notaio AJMERITO di Torino affinché depositasse il testamento olografo datato 10.12.2010, e ancora, dopo la nomina dell’Amministratore di Sostegno provvisorio, cercando di evitare che il medesimo – nell’ottobre 2011 – facesse visitare il COSTA da esperti di propria fiducia. in Torino dal 2008 al 27.12.2011.
B) delitto di cui agii arti. 81 cpv. e art. 643 c.p. perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con ALPHA, per procurare sé ad altri un profitto, abusando dello stato di infermità o di deficienza psichica di SERRALUNGA ANNAMARIA, nata a Torino il 13.2.1932, anziana sola e affetta da iniziale deterioramento cognitivo tale da renderla parzialmente incapace, la ALPHA anche con atteggiamenti prepotenti e ricattatori, tali da condizionare ed intimorire la anziana donna e SCASSA dicendole anche cosa doveva scrivere sul testamento, a compiere un atto che importava un effetto giuridico dannoso per lei o per altri, segnatamente a rilasciare alla ALPHA ANNAMARIA delega adoperare sul c/c n. 973653 acceso presso UNICREDIT ag. N. 08003 di Torino Corso San Maurizio e su conto deposito titoli n. 2319375 (in data 20.11.2006) e su conto deposito titoli n. 40170473 (in data 6.8.2010) e a nominare erede la stessa ALPHA ANNAMARIA mediante testamento olografo – in data 27.12.2006;
inoltre, allo scopo di assicurasi il profitto del reato, la isolavano da parenti e da amici raccontandole che i vicini di casa le avevano sottratto tutta la biancheria e i soldi nascosti nel portafogli e che l’unico nipote non si interessava a lei, sostituendo tale figura con quella di MENCHINELLA Maurizio, persona di loro fiducia, con incarico di occuparsi delle cose materiali;
le sottraevano suppellettili e biancheria e si attivavano in modo che gli assistenti sociali – nel 2010 – non potessero visitare la anziana donna e che la medesima non si presentasse alle udienze di fronte al GT per la nomina di amministratore di sostegno (procedura nel corso delta quale SCASSA ANGELO si proponeva come Amministratore di Sostegno), accompagnandola, viceversa, insieme di fronte al PM in data 9.6.2012, e dicendole, altresì, la ALPHA in particolare prima della assunzione a sit “DIPENDE TUTTO DA LEI – MI TOLGONO IL LAVORO”,
nonchè SCASSA presenziando personalmente alla visita domiciliare del CTU nominato dal GT – Dott. DESANA
in Torino dal 20.11.2006 condotta tuttora in corso
maggio 2014
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GENESI del PROC. PEN. n° 3712/14
1 – LE DISPOSIZIONI DELLA SENTENZA N° 213/14 IN ORDINE AD EVENTUALI PROFILI DI RILEVANZA PENALE A CARICO DELL’ING. SCASSA
Con sentenza n. 213/14 (proc. pen. R.G. n. 1016/12 PM e 1666/14 R.G. GUP) – doc. n° 1 – del Tribunale di Torino, pronunciata in data 30/1/2014 e depositata in data 11/3/2014 la dott.ssa ALPHA veniva dichiarata responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 cp e 643 c.p. nei confronti di due suoi pazienti e, per l’effetto, condannata con rito abbreviato alla pena di anni 3 e 8 mesi di reclusione ed euro 2000 di multa oltre ad accessori, con rito abbreviato; contemporaneamente il coimputato avv. BETA, per il reato di circonvenzione in associazione ai danni del solo sig. Luigi COSTA, veniva rinviato a giudizio, avendo egli scelto il dibattimento ordinario.
Nel dispositivo della sentenza si leggeva:
[Il Giudice] Dispone la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica in sede per la valutazione di eventuali profili di responsabilità penale nelle condotte assunte da SCASSA Angelo.
Si precisa che l’ing. Angelo SCASSA, alla data dell’emissione della sentenza non era mai stato né iscritto nel registro degli indagati né ovviamente, tantomeno, rinviato a giudizio nell’ambito del proc. pen. n° RG 1016/12.
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Parte 1^
GENESI del PROC. PEN. n° 3712/14
1 – LE DISPOSIZIONI DELLA SENTENZA N° 213/14 IN ORDINE AD EVENTUALI PROFILI DI RILEVANZA PENALE A CARICO DELL’ING. SCASSA
Con sentenza n. 213/14 (proc. pen. R.G. n. 1016/12 PM e 1666/14 R.G. GUP) – doc. n° 1 – del Tribunale di Torino, pronunciata in data 30/1/2014 e depositata in data 11/3/2014 la dott.ssa ALPHA veniva dichiarata responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 cp e 643 c.p. nei confronti di due suoi pazienti e, per l’effetto, condannata con rito abbreviato alla pena di anni 3 e 8 mesi di reclusione ed euro 2000 di multa oltre ad accessori (inibizione dalla professione medica per anni 2 e mesi 8), con rito abbreviato; contemporaneamente il coimputato avv. BETA per il reato di circonvenzione in associazione ai danni del solo sig. Luigi COSTA, veniva rinviato a giudizio, avendo egli scelto il dibattimento ordinario a seguito del quale è stato assolto con una sentenza rocambolesca del 15/12/2015, in cui tutta la parte relativa alla ricostruzione dei fatti è stata pressoché copiaincollata dall’allucinante sentenza di 1° grado con cui è stata condannata la dr.ssa ALPHA, gravata da incredibili errori, ad esempio nell’identificazione dell’ing. SCASSA, che pure in questo pronunciamento, assume plurime identità a lui del tutto estranee.
Come se nel Tribunale di Torino si fosse creata una sorta di regia invisibile nel giudizio delle vicende de quibus, con una preordinata volontà di colpire, oltre alla dr.ssa ALPHA, l’ing. SCASSA, che l’ha difesa aiutandola a redigere una forte memoria difensiva che ha di fatto ridicolarizzato il lavoro svolto dagli inquirenti.
Infatti la dr.ssa ALPHA ricorreva in appello per ottenere la sua piena assoluzione e la Corte d’Appello di Torino con sentenza n° 543/16 emessa dopo udienza camerale del 29/1/2016, in parziale riforma della sentenza di 1° grado, assolveva l’imputata dal reato di cui al capo B) (circonvenzione della signora SERRALUNGA) e dal reato di cui al capo A), limitatamente alla delega bancaria a favore di Scassa Angelo, perché il fatto non sussiste; rideterminava la pena in anni 1 e mesi 2 di reclusione ed € 600 di multa; eliminava la pena accessoria; concedeva all’imputata i doppi benefici di legge.
Purtroppo però la predetta sentenza 543/16 della Corte è infarcita da numerosi travisamenti paradossali dei fatti, da clamorosi errori, i quali sono per loro natura index sui et veri, quasi mai banali, pacificamente dovuti alla volontà di colpire a priori l’imputata sulla base di puro pregiudizio, allo scopo di difendere almeno in parte l’indifendibile sentenza n° 213/14 del GUP dr.ssa LA ROSA:
Le motivazioni che sono svolte da pag. 5 a pagg. 37 sono infatti una lunga sequela di micidiali invenzioni del Collegio giudicante, clamorosamente smentite dalla realtà documentale, l’unica cui la Corte stessa poteva far riferimento, in presenza di un rito abbreviato ed in assenza di rinnovazione dell’istruttoria.
Come del tutto scontato, la dr.ssa ALPHA ha fatto ricorso in Cassazione, ed è in attesa dell’esito del medesimo.
In ogni caso, nel dispositivo della sentenza di 1° grado n° 213/14 emessa dal GUP dr.ssa LA ROSA si leggeva:
[Il Giudice] Dispone la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica in sede per la valutazione di eventuali profili di responsabilità penale nelle condotte assunte da SCASSA Angelo.
Si precisa che l’ing. Angelo SCASSA, alla data dell’emissione della sentenza non era mai stato né iscritto nel registro degli indagati né ovviamente, tantomeno, rinviato a giudizio nell’ambito del proc. pen. n° RG 1016/12
2 – FATTI RELATIVI AL PROC. PEN. N° RG 1016/12
Il proc. pen. 1016/2012 ha avuto inizio il 16/1/2012 presso la Procura della Repubblica di ed è sfociato nel rinvio a giudizio e nella condanna della dott.ssa ALPHA, nell’ambito di rito abbreviato non condizionato, da parte del GUP dr.ssa Rosanna LA ROSA, che il 30/1/2014 con sentenza n° 213/14 ha condannato l’imputata per il reato 110, 81 cpv e 643 cp, segnatamente per l’asserita circonvenzione che avrebbe operato ai danni di due suoi pazienti: il sig. Luigi COSTA, deceduto il 27/12/2011, e la signora Anna Maria SERRALUNGA, morta il 14/11/2013, che, a udienza preliminare oramai incominciata, aveva espresso con una lettera fatta pervenire al GUP tutta la sua solidarietà nei confronti della dottoressa, nell’annunciare il suo rifiuto a costituirsi parte civile.
Sono davvero stupefacenti le motivazioni della sentenza, costituite in una farraginosa giustapposizione acritica di documenti processuali, da una serie di motivazioni gravemente illogiche, da asserzioni di fatti che i documenti agli atti dimostrano assolutamente inesistenti (vengono al riguardo prese come oro colato autentiche falsità dolose di più di un testimone, con pari omissione di testimonianze e documentazione medica copiosa assolutamente determinanti ed incontrovertibili), da omissioni clamorose sull’operato di persone che sono state invece il motore d’avviamento e di regime delle indagini (i sigg. Giuseppe REALE, Andrea Gregorio e Lucia COSTA, figli della persona asseritamente direttamente offesa, il sig. Massimiliano SERRALUNGA, nipote dell’altra persona asseritamente offesa) e infine da apodittici convincimenti, che sono smentiti clamorosamente dalla realtà documentale, l’unica cui poteva far riferimento il Giudicante.
La sentenza è inoltre gravata da un cumulo impressionante di asserzioni pacificamente false che possono addirittura far sospettare un sottostante intento doloso, sebbene in ipotesi più benigna ci si possa limitare – circostanza peraltro di non minore gravità – ad ipotizzare una volontà da parte del Giudice di imprimere in tal modo maggior forza ad una sua pregiudiziale convinzione, secondo la quale se un medico riceve due testamenti da parte dei suoi pazienti relativamente anziani, egli certamente li ha circonvenuti: circostanza che invece non sarebbe stata imputata se i percettori fossero stati il Comune di Torino o il Cottolengo, ad esempio. Infatti il giudice ha inteso dimostrare che la dottoressa ALPHA avrebbe costruito una sorta di banda dedita alla circonvenzione, di cui, in base alle motivazioni, l’officiante in massimo grado sarebbe stato l’ing. Angelo SCASSA che ha in atto una relazione sentimentale con la dottoressa e al quale in sentenza vengono attribuite azioni e presenze nello svolgimento delle condotte addebitate all’imputata che sono smaccatamente false, clamorosamente smentite dall’ampia raccolta documentale agli atti, che in alcuni casi sono addirittura riportate in modo artatamente modificato allo scopo di non far crollare la credibilità dei testi di riferimento, non essendovi altra spiegazione possibile.
Non mancano poi incredibili passaggi della sentenza in cui, a fronte di affermazioni che in modo inequivoco descrivono la verità fattuale, il GUP ha optato per un’interpretazione incredibilmente grottesca: si pensi all’intercettazione di una conversazione telefonica di un dialogo intercorso tra la dottoressa ALPHA e la signora SERRALUNGA, la quale ultima, non sospettando di essere intercettata riconferma la sua forte volontà che il suo piccolo patrimonio – e segnatamente l’alloggetto in cui viveva – alla sua morte venga ereditato dalla dottoressa ALPHA, minacciando di dar fuoco all’abitazione in caso contrario (doc. n° 2). Dopo lunghe indagini – durate circa 15 mesi e successivamente integrate – e con impiego delle più svariate tecnologie (intercettazioni telefoniche, ambientali, perquisizioni assortite, nonché con una cornucopia davvero impressionate di atti, comprendenti tra l’altro perizie grafiche e sequestro di cartelle cliniche risalenti nel tempo), a sostegno delle imputazioni il PM raccoglieva contro la dottoressa ALPHA quattro voluminosi faldoni come mezzi di prova, avverso i quali l’imputata apprestava in una dettagliata e poderosa memoria una puntuale autodifesa che è stata totalmente ignorata da inquirente e giudicante, che hanno insistito nei loro convincimenti alterando in modo stupefacente la realtà documentale emersa, in un modo così palesemente smaccato da agevolare le più gravi ipotesi di dolo. Invero il GUP ha aderito in modo supino, non solo a livello di dispositivo, ma anche e soprattutto nelle motivazioni, alla requisitoria del PM, di cui la sentenza appare una sorta di fotocopia.
Singolare il fatto che il GUP non abbia colto nell’operato del PM gravi irregolarità, tra cui l’omissione di atti di indagine irrepetibili, posto che l’Inquirente non ha certo agito a tutela e nell’interesse delle due asserite vittime del reato (i sigg. Luigi COSTA e la signora Anna Maria SERRALUNGA) né tantomeno dell’interesse collettivo. Né ha evidenziato, come l’ordinamento prevede, le copiose prove raccolte a favore dell’indagata/imputata. Molto semplicemente infatti il PM si è comportato come esclusivo tutore degli interessi dei fratelli COSTA, figli della persona direttamente offesa, e del signor Massimiliano SERRALUNGA, nipote della defunta signora Anna Maria SERRALUNGA, con ciò espressamente violando la Legge ed assumendo un ruolo non di parte processuale, ma soprattutto di difensore a spada tratta degli interessi delle parti civili, e segnatamente dei fratelli Andrea Gregorio e Lucia COSTA.
Si consideri poi il paradosso che il Giudice, seguendo per filo e per segno il contenuto della requisitoria del PM, dopo aver evidenziato che era assolutamente certa la volontà del signor COSTA di diseredare in toto i figli, con la sentenza emessa disponga invece che l’intero patrimonio del padre, e non solo la quota legittima (peraltro pari ai 2/3 del compendio ereditario), passi in eredità a quelli che di fatto per costui erano degli odiati congiunti che egli voleva espressamente diseredare ritenendoli indegni, come ebbe a raccontare ai quattro venti a tutti quanti ebbero modo di conoscerlo e ad essere in qualche minima familiarità con lui.
La scelta del rito abbreviato derivava esclusivamente non solo dalla incontrovertibile certezza della dott.ssa ALPHA della propria innocenza, di cui per conoscenza diretta dei fatti ella era ed è assolutamente certa, ma anche dall’evidenza che gli atti raccolti dall’inquirente, nonostante le gravi omissioni d’indagine del PM, deponevano tutti, in modo inequivocabile, per la sua assoluta estraneità ai reati ascrittile, con particolare riferimento alla documentazione clinica tutta ed alle testimonianze raccolte (comprese quelle false, visto che falsum index sui et falsi) La scelta del rito abbreviato non era dunque dettata dall’obiettivo di ottenere uno sconto di pena, ma dalla convinzione che in tal modo l’imputata sarebbe stata assolta per non aver commesso i fatti in un tempo più breve.
Gli inquirenti hanno proceduto contro la dott.ssa ALPHA sulla base di apodittici teoremi, a loro ispirati da una serie di falsi testi, calunnie e diffamazioni, destituiti di ogni fondatezza ed assolutamente indimostrabili che sono così riassumibili:
1° teorema: “ALPHA è una circonventrice di incapaci perché due anziani signori suoi pazienti hanno redatto testamento a suo favore, pur non essendo lei un loro familiare”;
2° teorema: “I sigg. COSTA e SERRALUNGA erano settantenni alla data in cui testarono: i settantenni sono incapaci”;
3° teorema: “I congiunti sono familiari”;
4° teorema: “Chi fa testamento al di fuori del nucleo dei congiunti è vittima di circonvenzione”;
5° teorema: “Se due anziane persone rifiutano di mettersi sotto la tutela dei servizi sociali ed hanno il medesimo medico di fiducia, esse son circuite da costui che agisce abusando della sua posizione professionale” Tali teoremi sono assurti a Verbo delle indagini: posto che essi sono stati assunti come assolutamente veri, ed intangibili, gli inquirenti hanno invano ricercato una dimostrazione, laddove emerge invece la loro totale infondatezza
L’imputata è stata dapprima spettacolarmente indagata e poi condannata sulla base di tali assiomi che hanno costituito le direttrici dell’intero proc. pen. n° RG 1016/12, creandosi nei fatti una sorta di corto circuito tra inquirenti e giudicante
I FATTI
Occorre illustrare che il sig. COSTA è deceduto all’età di 80 anni il 27/12/2012 presso il CTO, ospedale notoriamente a vocazione ortopedico – traumatologica, dov’era stato ricoverato su decisione incredibile dell’amministratore di sostegno provvisorio, tal Giuseppe REALE, da poco nominato, per una grave multinsufficenza d’organo (infarti ripetuti con arresto cardiaco e quadro di scompenso, edema polmonare, insufficienza epatica e renale) e non ebbe mai alcun problema di ordine psichiatrico rilevante ai fini della sue capacità cognitive fino a pochi mesi prima della morte. E’ davvero insolito che un paziente in simili condizioni venga ricoverato al CTO, ma leggendo gli atti del proc. pen. ne risultano chiare le motivazioni.
Un decadimento modesto e comunque limitato delle sue capacità di volizione fu osservabile dopo la sequenza micidiale di patologie che lo colpirono a partire dal 24/6/2011 con un esteso infarto cardiaco ed il 2/7/2011 per via di una clamorosa fibrillazione ventricolare, patologia comunemente nota con la definizione di arresto cardiaco, che si verificò durante il ricovero ospedaliero presso l’unità coronarica dell’Ospedale Maria Vittoria. A seguire, da segnalare anche un fatto epatico acuto a tre mesi dalla morte con valori delle transaminasi salite ad oltre 200 volte il massimo del range di normalità (chiaro indice di un grave danno al fegato), insufficienza renale, edema polmonare, crisi ipoglicemica, tutti eventi della massima gravità .
Fino al giugno 2011 il sig. COSTA era stato un signore lucido, vigile e cosciente, come si suol dire nella più corretta terminologia clinica, perfettamente compos sui che provvedeva autonomamente alla gestione di tutte le necessità quotidiane e all’amministrazione dell’importante patrimonio che deteneva. Esisteva tra lui e la dott.ssa ALPHA, cementato dall’aiuto costante che costei gli diede in tutti gli anni in cui fu suo medico di fiducia nel curare e gestire le patologie che lo affliggevano, non solo un rapporto professionale, ma anche una profonda amicizia. Egli dal 2006 in poi ebbe gravi problemi cardiaci che richiesero l’impianto di molteplici stent coronarici e svariati ricoveri, essendo affetto dalla cosiddetta malattia trivasale.
I rapporti del sig. COSTA con i figli Andrea Gregorio e Lucia erano stati interrotti dal 1986, essendo insorti insanabili contrasti dopo la morte improvvisa della facoltosa consorte Emma BOSCHIS, la cui copiosa eredità costoro pretesero di dividere subito, all’indomani del decesso della madre, per l’appunto per via del clima di astio e di disprezzo che nutrivano nei confronti del padre, da cui, poco più che maggiorenni, entrambi si vollero allontanare definitivamente. Nonostante il padre soffrisse da anni di una grave malattia trivasale, ossia interessante tutte e tre le coronarie, che aveva richiesta l’impianto di ben 11 stent coronarici, essi non si curarono mai di lui, né mai gli fecero visita durante i quattro ricoveri ospedalieri cui si sottopose tra il 2006 ed il 2008 per sottoporsi ad interventi di angioplastica. Né si erano mai interessati del padre in occasione dei suoi passaggi al pronto soccorso per altri motivi in detto periodo.
I figli, accortisi tuttavia nel 2010, mediante informazioni di conoscenti che continuavano a risiedere nel condominio dove abitava il padre in iva Palmieri 14, o da altre persone che avevano una comune frequentazione con tutti i membri di quella che era stata decenni prima la famiglia COSTA, come il commercialista e i funzionari di banche presso cui detenevano conti correnti e depositi il padre e loro stessi, che le condizioni fisiche del genitore, con il quale i rapporti dal 1986 erano stati davvero occasionali e ridotti a pochi gelidi formali telefonate per lo scambio di auguri in occasione delle festività, andavano peggiorando, decisero di passare all’attacco per vie giudiziarie civili e penali. Seppero infatti che il padre incominciava ad avere problemi di deambulazione, che esitarono in brevissimo tempo in una necrosi della testa del femore, e, alterando completamente il quadro della realtà fattuale, si rivolsero ai servizi sociali dipingendolo come una sorta di barbone, che, nonostante le dovizie accumulate, viveva in una sorta di stamberga e parallelamente fecero un esposto al settore Fasce deboli della Procura. Non solo, ma decisero anche di proporre un ricorso per l’apertura di un’amministrazione di sostegno per il padre, sostenendo da un lato che lui non era più in condizione nemmeno di riconoscere la figlia, e dall’altro che, sebbene egli potesse essere considerato in possesso di capacità cognitive intatte, tuttavia il semplice deficit di funzionalità della deambulazione poteva essere motivo sufficiente per l’instaurazione della procedura, contemplata dalla legge 6 del 9/1/2004 .
Come si legge agli atti del proc. pen. che ha visto indagati la dr.sa ALPHA e l’avv. BETA, il n° RG 1016/2012: “In data 18.10.2010 giungeva alla Procura un esposto, da parte di Costa Andrea e Costa Lucia, nell’ambito del quale si segnalava la situazione dell’anziano padre dei due esponenti, COSTA LUIGI ANTONIO nato a Genova il 20.4.1931 che veniva iscritto con Mod. 45 n. 5208/10 In esso i fratelli COSTA asserivano che: il COSTA viveva solo in via Palmieri 14 di Torino; impediva ai figli di fargli visita ed era accudito da una odontoiatra, delegata dal medico di base – Dott. Mollica – ad occuparsi di lui”.
Parallelamente nel novembre 2010 i signori Andrea Gregorio e Lucia COSTA presentavano ricorso per l’amministrazione di sostegno n° RG 7390/2010 I figli del de cuius sapevano perfettamente del legame di mera amicizia e del rapporto professionale intercorrente tra la dott.ssa ALPHA con loro padre e temevano che costei potesse ricevere dal sig. COSTA una parte della sua eredità: lo scopo del loro ricorso non era certo dettato da preoccupazioni assistenziali nei confronti del padre, di cui per decenni si erano disinteressati nel modo più completo, ma semplicemente quello di controllarne il patrimonio – ammontante tra beni mobili ed immobili ad alcuni milioni di euro, secondo quanto si apprende dagli atti processuali – nel modo più diretto possibile.
In data 29.12.2010 veniva tuttavia richiesta dal PM dr.ssa RUFFINO – lo stesso inquirente che successivamente condurrà le indagini contro l’imputata – l’archiviazione del procedimento sulla base della relazione medica MAGGIORE, che è medico fiduciario del Ministero dell’Economia e delle Finanze e presidente della Commissione Medica di verifica della provincia di Torino, che si occupa di tutti i dipendenti della P.A.
Il dott. MAGGIORE in data 3/12/2010, su richiesta del signor COSTA che voleva costituire un trust e redigere un testamento, rilasciò una certificazione in cui certificava:
COSTA LUIGI ANTONIO ESAME OBIETTIVO Trattasi di soggetto in buone condizioni generali, lucido, orientato t/s, collaborante Giunge all’osservazione con abbigliamento consono alla situazione e ben curato. Apparentemente eutimico, Non evidenti segni di alterazione del tono dell’umore. Ideazione congrua alle circostanze senza spunti di fuga. Non dispercezioni in atto. Non pervasività del pensiero, Cambiamenti posturali autonomi, deambulazione consentita con l’ausilio di bastone canadese e base allargata, senza deficit stenici. DIAGNOSI MEDICO-LEGALE Il periziato presenta “ASSENZA di ELEMENTI PSICO-PATOLOGICI in ATTO” CQNCLUSIONI IL PERIZIATO È ESENTE DA VIZIO TOTALE O PARZIALE DI MENTE E PRESENTA PIENA E COERENTE CAPACITA` DI INTENDERE E DI VOLERE. RISUTANO PERTANTO SODDISFATTI TUTTI REQUISITI POSTI A FONDAMENTO DELLA CAPACITA’ D! TESTARE (EXART. 591 CC.). (perizia medico legale del 3/12/2010 redatta dal Dr. Enrico MAGGIORE, Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni, Presidente della Commissione Medica di Verifica del Ministero Economia e Finanze per la Provincia di Torino)
Sempre il dott. MAGGIORE veniva sentito a SIT e, in merito alle condizioni psichiatriche del sig. COSTA confermava:
Mi pareva assolutamente lucido. Sono abituato a valutare gli anziani. faccio il CT per il Tribunale del lavoro Lui era molto incazzato con i figli. Aveva una gran bella testa. COSTA non mi pareva affatto né depresso né ansioso. (SIT del Dott. MAGGIORE)
Il 7 dicembre 2012 il sig. COSTA costituiva con il notaio DE LORENZO un trust di durata ventennale di cui nominava trustee la dott.ssa ALPHA e guardian l’ing. SCASSA con il quale era previsto che in esso sarebbero confluiti la quasi totalità dei suoi beni, mobili ed immobili, e che al trustee sarebbe spettato in usufrutto uno degli alloggi per l’intera durata del trust stesso: i beneficiari finali non sarebbero stati i figli, ma i nipoti del signor COSTA. In tale modo egli era convinto appunto di poterli diseredare completamente, obiettivo che era nella sua più ferma volontà ottenere, posti i pessimi rapporti che intratteneva con costoro. Contestualmente al trust, venne letto un testamento pubblico che lasciava la dott.ssa ALPHA usufruttuaria dell’alloggio di Genova Nervi: in realtà questo strumento era funzionale alla difesa del trust, come specificò il notaio, in quanto, se i figli lo avessero impugnato, l’intera quota extralegittima sarebbe finita in retaggio alla dott.ssa ALPHA.
Il sig. COSTA il 9/12/2010 venne ascoltato dalla PG su incarico del PM nell’ambito del predetto proc. pen. n° RG 5208/10/K apertosi dopo l’esposto in Procura da parte dei figli. Durante l’interrogatorio cui venne sottoposto egli diede risposte coerenti e assai dettagliate alle domande che gli vennero formulate, senza denotare disturbo alcuno nell’ideazione e di razionalità e pertanto il proc. pen. n° RG 5208/10/K venne archiviato. All’interrogatorio era presente il suo legale, l’avv. BETA, il coimputato, che, a differenza della dott.ssa ALPHA ha scelto il rito dibattimentale, il quale ha affermato che il suo cliente visse in modo “drammatico” l’interrogatorio da parte della Polizia Giudiziaria. Peraltro, pochi giorni dopo, il 10 dicembre 2010, e dunque soltanto a distanza di una settimana dalla visita medica del dr. MAGGIORE, il sig. Luigi COSTA, piccato per l’umiliazione subita nel dover rispondere domande alla PG, intervenuta a casa sua, a seguito dell’esposto dei figli, a porre domande che riguardavano anche la sua vita privata, dove egli non aveva certo nulla da nascondere (precisò che tra la dr.ssa ALPHA e lui vi era un rapporto di profonda amicizia, oltre che professionale, ma non sentimentale), sottoponendolo ad un interrogatorio che in qualche modo egli aveva comprensibilmente avvertito come intromissioni nella sua privacy, di cui andava gelosissimo, sottoscriveva un testamento olografo con il quale nominava la dottoressa erede dell’intera quota extralegittima, ossia di un terzo dei suoi beni tutti, mobili ed immobili, ed alcuni giorni dopo le riferì di questa sua iniziativa, da lui considerata come precauzionale, visto che il trust era ancora una scatola vuota, con un conferimento iniziale in esso all’atto della costituzione di soli 5000 euro, un millesimo del valore dei beni del signor COSTA.
Ancora pochissimi giorni più tardi, il 16/12/2010, il notaio DE LORENZO convocò il disponente assieme al trustee, mettendoli a conoscenza della comunicazione email ricevuta dal difensore dei figli, l’avv. SCALISI, il quale, allarmato dalla richiesta avanzata dal notaio al commercialista del sig. Luigi COSTA, il sig. BOSSI – che lavorava anche per conto dei di lui figli, cui aveva spifferato l’iniziativa – per ottenere una ricognizione completa dei dati catastali dei beni immobili del signor COSTA, onde farli confluire nel trust, lo avvertiva che erano in corso un’indagine penale, il proc. pen. n° 5208/10/K, per l’appunto, che poi sarebbe stata archiviata, ed un ricorso civile dei figli di cui era prevista una sollecita notifica al padre, il n° RG 7390/10. L’avv. SCALISI, temendo che fossero in atto delle compravendite, diffidava il dott. DE LORENZO dal procedere in attesa della conclusioni delle iniziative giudiziarie intraprese dai suoi assistiti.
A quel punto il dott. DE LORENZO affermò che del trust, allo stato delle cose, non si sarebbe più fatto nulla, fino al chiarimento dei procedimento in atto.
Terminato il colloquio con il notaio Il sig. COSTA ebbe uno scatto d’ira e confidò alla dott.ssa ALPHA che a quel punto – più che mai – era intenzionato a tener in vita il testamento olografo in cui la lasciava erede unica dell’intera quota disponibile, e in effetti nell’aprile 2011 lo consegnò in custodia fiduciaria ad altro notaio, il dott. AJMERITO, non riponendo più fiducia nel dr. DE LORENZO. Egli era profondamente amareggiato per l’inconcludenza della vicenda trust e temeva che in caso di sua morte improvvisa o a seguito di degenza ospedaliera i figli avrebbero potuto agevolmente farlo sparire (in effetti costoro hanno dichiarato che, il giorno dopo la morte del padre avevano provveduto ad impossessarsi di tutti gli immobili di sua proprietà e a cambiarne le serrature).
In ogni caso, di lì a poco tempo, appena il padre ebbe contezza anche dell’iniziativa civilistica intrapresa dai figli (ricorso per l’apertura di un’amministrazione di sostegno), provò subito un’acuta sofferenza psicologica che può essere certamente considerata, per le violente somatizzazioni ansiose cui egli andò incontro, in un quadro di già fragile equilibrio e precario compenso emodinamico, causa primaria delle gravi patologie che lo colpirono dal giugno 2012 e di cui abbiamo detto, che configurarono un quadro di MOF (multinsufficienza organica), destinato a portarlo a morte nel breve volgere di appena sei mesi.
A gennaio 2011 il sig. COSTA venne ascoltato in udienza dal GT dott.ssa GIANNONE, nell’ambito del ricorso per l’amministrazione di sostegno, cui fornì risposte coerenti; altrettanto era accaduto – come si è visto – nell’incontro con due persone della PG delegate dal PM ad ascoltarlo nell’ambito del proc. pen. 5208/10 poi archiviato, che si recarono ad interrogarlo a casa sua il 9 dicembre 2010, il giorno antecedente la stesura del suo testamento olografo.
Nell’aprile 2011 il Giudice tutelare, dopo aver ascoltato tre mesi prima il sig. Luigi COSTA, dispose una CTU volta ad accertarne anche scientificamente le capacità mentali, sebbene durante la citata escussione il giudice si fosse potuto formare, come risulta dalla verbalizzazione dell’udienza, un preciso convincimento circa le condizioni del convenuto, che denotava solo un piccolo deficit mnesico, del tutto irrilevante e classico nella memoria di fissazione a breve termine negli anziani.
Per due mesi tuttavia la perizia psichiatrica – affidata al CTU dr. ANGLESIO – dovette essere rinviata in quanto il paziente alla semplice idea di doversi sottoporre ad essa, pur non avendo nulla da temere, andava incontro a pericolose somatizzazioni (elevati rialzi della pressione sanguigna, soprattutto a livello di diastolica, la cosiddetta minima) che potevano comportare, in un paziente portatore di 11 stent coronarici, un rischio notevole, per la stato di prevedibile ulteriore agitazione che si sarebbe sviluppato durante la seduta peritale che fortemente il sig. COSTA rifiutava, ritenendo un accertamento fiscale di tipo psichiatrico l’ennesima umiliazione cui lo volevano sottoporre i figli, dopo la precedente provocazione della segnalazione ai servizi sociali ed alla Procura – settore fasce deboli – , messa in atto da costoro che erano stati per decenni menefreghisti nei confronti del padre, al punto da non averlo mai aiutato assistenzialmente nei cinque importanti ricoveri per la malattia cardiaca.
Egli infatti odiava letteralmente i figli ed era da loro ricambiato con pari odio: ascoltati a sit essi hanno infatti dipinto il padre come un uomo violento che picchiava la madre, manesco nei loro stessi confronti, avvinazzato cronico, nullafacente, prepotente anche nei confronti del nonno materno, presso la cui industria aveva lavorato per essere poi cacciato.
Dopo il ricovero del 24 giugno 2011 per infarto miocardico massivo, e durante il quale si verificò la temutissima fibrillazione ventricolare, ossia l’arresto cardiaco, si susseguirono purtroppo drammatiche patologie a carico di tutti gli organi più importanti come si è detto, che richiederanno ben sette ricoveri ospedalieri nel breve volgere di meno di sei mesi, fino all’exitus del paziente.
Per questo motivo, all’udienza del luglio 2011, nell’ambito del ricorso per l’apertura di un amministrazione di sostegno, il legale del sig. COSTA, l’avv. BETA, avendo i medici cardiologi vietato lo volgimento della CTU, nonostante l’insistenza del dott. ANGLESIO, consulente d’Ufficio, per dimostrare che non vi era da nascondere, decise di accondiscendere ad una provvisoria apertura di un’amministrazione di sostegno, sebbene non vi fosse prova alcuna che il sig. COSTA ne abbisognasse, ed essendo certo che tantomeno ne avrebbe abbisognato all’epoca del ricevimento della citazione per l’apertura dell’amministrazione di sostegno, ossia a fine dicembre 2010, quando ancora non era stato colpito dall’infarto e dall’arresto cardiaco in veloce sequenza.
L’avv. BETA propose il sig. Giuseppe REALE – su suggerimento di un noto legale di Torino, ingannato anch’egli dalla malriposta fiducia che molti magistrati nutrivano in costui – : trattasi di un personaggio che era molto introdotto negli ambienti della settima Sezione civile del Tribunale, fondatore di una fantomatica associazione di “specialisti” amministratori di sostegno e tutori, detta “Egida”, un individuo con un esilarante curriculum scaricabile dal sito web dell’associazione, di cui è anche presidente di un pomposamente definito “Comitato scientifico”.
Egli strinse un rapporto d’acciaio con i figli per agevolarli evidentemente – dietro la promessa di una lauta ricompensa – scrivendo autentiche diffamazioni e calunnie nei confronti della dr.ssa ALPHA, nelle tre relazioni che durante il suo incarico, durato quattro mesi effettivi, indirizzò al giudice tutelare.
Addirittura poi Il signor REALE, il 22/12/2011, cinque giorni prima della morte del sig. COSTA, adombrando al GT la possibile sussistenza di una tubercolosi polmonare riuscì a farsi nominare amministratore con ampi poteri, laddove l’incarico iniziale prevedeva una semplice assistenza al sig. COSTA che era libero di svolgere operazioni anche complesse quali transazioni finanziarie ed immobiliari, salvo per l’appunto la limitazione costituita dal necessario assenso dell’amministratore per operazioni mensili di importo comprese tra i 1000 ed i 3500 euro e di quello del Giudice stesso per quelle di importo maggiore.
Il sig. REALE, ormai vincolato da un’assai poco santa alleanza con i figli del signor Costa, arrivò addirittura ad impedire alla dott.ssa ALPHA di esercitare la sua professione di medico curante di fiducia del signor COSTA, comunicando alle direzioni sanitarie ed ai primari dei reparti in cui transiterà il paziente che egli ne era il tutore – e non già un amministratore dai poteri graduati sui livelli più bassi possibili – e affermando inoltre che il GT aveva fatto divieto a lei di assistere il malato, cosa assolutamente non vera: fu anzi il sig. REALE in persona a cercare di porre in guardia contro la dottoressa il GT dott.ssa GIANNONE, con la quale nutriva un’ottima frequentazione, non solo per via dei numerosi incarichi da lei ricevuti in termini di tutele e amministrazioni di sostegno, ma anche perché aveva con costei una collaborazione presso la predetta associazione “Egida”. A sua volta, la dott.ssa GIANNONE, insospettita dalle considerazioni formulate dall’amministratore, le trasmetteva al PM dott.ssa RUFFINO, con una comunicazione agli atti del proc. pen. n° RG 1016/12
Come si è detto, il sig. COSTA morì al CTO il 27/12/2011.
I 12 gennaio 2012 il sig. REALE ed i suoi figli vennero avvisati dalla segretaria del notaio AJMERITO della pubblicazione del testamento olografo. Evidentemente si creò un grosso allarme nel terzetto di alleati, vincolati tra loro da un verosimile patto d’acciaio, ed il sig. REALE si precipitò in Procura.
A brevissima distanza di tempo, il 14 gennaio, egli venne ascoltato come teste dal Pm dott.ssa RUFFINO e, oltre a rendere false testimonianza, consegnò all’Inquirente – rimastone evidentemente impressionato – le tre relazioni da poco tempo inviate al GT dott.ssa GIANNONE, nell’ambito del suo ruolo di amministratore del sig. Luigi COSTA.
Lo stesso 14 gennaio 2012 venne convocato dal PM anche il sig. Massimiliano SERRALUNGA, nipote della signora Anna Maria SERRALUNGA, di cui infra.
Sulla base di apodittici teoremi il 16 gennaio 2012 prendeva avvio, con le iscrizione nell’albo degli indagati, il proc. pen. n° RG 1016/12 nei confronti della dr.ssa ALPHA e dell’avv. BETA, che era stato il difensore del sig. Luigi COSTA nella causa di volontaria giurisdizione per l’apertura di un’amministrazione di sostegno: il PM riesumava e fondeva in esso due proc. pen. da lui stesso archiviati, il n° RG 5208/10 e il n° RG 407/11.
Quando il sig. REALE ed i figli furono convocati dal PM RUFFINO in Procura ed ascoltati a sit, fecero dichiarazioni gravemente calunniose nei confronti della dott.ssa ALPHA, per cui l’Inquirente ritenne necessari seri approfondimenti (perquisizioni, intercettazioni telefoniche, intercettazioni ambientali, sequestro del testamento, ecc), posto che tra il terzetto di accusatori nei confronti del medico, vi era, oltre la coppia dei fratelli COSTA, figli del de cuius, pacificamente animati da brame di denaro, anche una persona come il sig. REALE che non solo era incaricato di pubblico ufficio, ma era egli stesso pubblico ufficiale: inoltre egli godeva, per l’apparente sua efficienza di smaltitore di pratiche, della fiducia dei giudici della settima sezione civile del Tribunale, che nel corso dell’ultimo decennio ha letteralmente preso in giro, creando del tutto verosimilmente ai suoi assistiti, e, certamente nel nostro caso al sig. Luigi COSTA, un grave nocumento, posto che in quest’ultimo caso ha dato prova di pessima e fraudolenta amministrazione.
***
Per quanto attiene invece alla signora Anna Maria SERRAUNGA, l’altra persona di cui il GUP – con motivazioni che sono davvero incredibili – ha addebitato alla dott.ssa ALPHA la circonvenzione, si tratta di una sua paziente 81enne alla data della morte, che viveva da sola, essendo divorziata e senza figli da oltre 40 anni. Anche lei sarebbe, secondo i teoremi degli inquirenti, una “vittima” della dott.ssa ALPHA che l’avrebbe circonvenuta, inducendola a testare a suo favore.
E’ deceduta nella notte tra il 13 ed il 14 novembre 2013, nella casa in cui viveva da sola. E’ stata la stessa dottoressa ALPHA a rinvenirne il cadavere presso la sua abitazione di corso Tortona 27 il 14 novembre u.s., verso le ore 15,30 dopo aver provveduto ad allertare 115 e 118, in quanto non riusciva a mettersi in contatto con la paziente ed amica e temeva potesse essere accaduto il peggio, ben conoscendo le sue abitudini piuttosto stereotipate di vita.
La dottoressa aveva del pari anche allertato il sig. Maurizio MENCHINELLA, unica persona rimasta in possesso delle chiavi dell’’alloggio, e che peraltro non aveva potuto accedervi per la presenza di un sistema ulteriore di blocco meccanico che la signora aveva attivato dall’interno, motivo per cui i vigili del fuoco hanno dovuto accedere dal balcone dell’appartamento, sito al 4° piano del condominio, entrando dall’esterno mediante una scala telescopica, con successivo agevole accesso attraverso la porta finestra del monolocale, che era aperta, e parallelo alla quale giaceva, all’interno, il corpo della signora, ormai con evidenti segni di rigor mortis, per cui il decesso è certamente amputabile a svariate ore prima dell’intervento della dott.ssa ALPHA
La quale ne ha curato i funerali con dolore immenso, secondo le precise indicazioni che le aveva dato la povera signora SERRALUNGA: ella è stata cremata e le sue ceneri trasportate nel comune in cui era vissuta da giovane, nella casa paterna di Tonco, in provincia di Asti, dove l’urna cinerraria è stata deposta nel loculo in cui si trova sua mamma.
La signora SERRALUNGA quando aveva 74 anni, nel 2006, volle sottoscrivere un testamento olografo a favore della dott.ssa ALPHA in cui la nominava erede del suo alloggio, un monolocale in corso Tortona e del suo piccolo patrimonio monetario che ammontava alla data del decesso a circa 30.000 euro, depositato presso un c/c sul quale decise di delegare la dottoressa, anche se di fatto tale delega risultò pressoché inutilizzata, provvedendo direttamente la signora SERRALUNGA a seguire i propri rapporti con la banca: ella volle redigere l’atto di disposizione delle sue volontà, nonostante il forte imbarazzo del medico di fiducia, in segno di riconoscenza per l’assistenza medica e non solo, che ella richiedeva le venisse sempre fornita nel futuro, ed espressamente facendosi promettere che, in caso di bisogno, con l’avanzare degli anni, la dott.ssa ALPHA avrebbe sempre provveduto nel suo interesse in termini di cure ed assistenza. La signora ha vissuto con forte sofferenza le vicende che hanno coinvolto la sua dottoressa e non è mai riuscita a comprendere come tanta ostilità si sia sollevata contro costei. Anche le intercettazioni telefoniche hanno confermato l’indefettibile volontà della signora SERRALUNGA di lasciarla erede dei suoi beni
Non si è costituita parte civile all’udienza preliminare nel novembre 2013 ed ha voluto esprimere con una lettera al GUP il profondo affetto che la legava al suo medico di fiducia
Un precedente proc. pen. attivato da una segnalazione mendace dei servizi sociali riguardante le condizioni della signora SERRALUNGA era stato archiviato. Infatti, come si legge agli atti dell’odierno proc. pen. n° RG 1016/12, viene rilevato che:
ll PM dott.ssa RUFFINO riceveva da parte dei Servizi Sociali la segnalazione – in data 28.12.2010 – relativa alla situazione della Signora Serralunga Anna Maria, segnalazione che veniva iscritta a mod. 45 n. 407/11; Successivamente il PM ne richiedeva l’archiviazione “per fatto non costituente reato”.
La causa della segnalazione dei servizi origina dal fatto che la signora SERRALUNGA, accanita fumatrice fino a tre anni prima della morte, nel settembre 2010 dovette essere ricoverata d’urgenza all’ospedale Gradenigo per un fatto respiratorio acuto, essendo afflitta da lungo tempo da una BPCO (broncopneumopatia cronico ostruttiva), per la quale veniva curata con broncodilatori da lungo tempo, ma che era certamente aggravata dal vizio del fumo. La dott.ssa ALPHA la accompagnò in ospedale personalmente, accorrendo a casa sua, comprendendo dalla sua richiesta di aiuto telefonica la gravità della situazione. La paziente rimase per un mese ricoverata ed inizialmente dovette persino essere collegata al respiratore meccanico ed intubata, previa induzione di coma farmacologico, per i valori bassissimi di saturazione dell’ossigeno nel sangue arterioso e le difficoltà respiratorie che presentava. Dopo un mese di ricovero venne dimessa in discrete condizioni generali.
Nel frattempo fu avvisato il nipote Massimiliano SERRALUNGA da una coinquilina della paziente, la signora Rosa PILOLLI (astiosa verso la povera signora Anna Maria perché da costei allontanata dalla frequentazione del suo piccolo alloggio dove svolgeva lavori retribuiti di pulizia, in quanto la sospettava di aver compiuto un furto di denaro e di biancheria) ed egli si precipitò a far visita alla zia nei confronti della quale non aveva mai provato alcun interesse, frettolosamente incontrandola una volta ogni qualche anno, come raccontato da lui stesso a sit e confermato dalla diretta interessata, pure ella ascoltata a sit. La signora SERRALUNGA precisò infatti che era stata da sempre in scadenti rapporti personali con suo fratello, il padre del nipote, deceduto anni or sono.
Fatto sta che dopo il ricovero si presentarono a casa sua i servizi sociali, segnatamente tre educatrici già in contatto con il predetto nipote – per verificare se esistessero i presupposti per aprire un “uvg” (unità valutativa geriatrica) nei confronti della signora. Ella però, con il suo carattere di peculiare aspirazione all’indipendenza, individuò subito la chiave di lettura di questa visita non richiesta come un’inaccettabile interferenza nella sua vita. La SERRALUNGA telefonò immediatamente alla dottoressa ALPHA per parteciparle questa improvvisa scocciatura che le era capitata, creandole fastidio ed agitazione, chiedendole, se possibile, di intervenire in suo aiuto, non riuscendo ella a liberarsi delle sgradite ospiti che insistevano nel sottoporla a domande.
E’ davvero incredibile questa burocratica forma di sussistenza di una carità “pelosa” di Stato che si riduce per lo più alla semplice compilazione di inutile modulistica. Non solo, ma trattasi di carità oltretutto impositiva. Da quest’incontro con i servizi sociali nascerà infatti un autentico calvario per la malcapitata paziente di cui si dirà infra.
Alla richiesta di aiuto da parte della signora SERRALUNGA la dott.ssa ALPHA si attivò e la raggiunse presso la sua abitazione, sita vicino al proprio studio medico, dove stava svolgendo la sua attività professionale.
Ivi sopraggiunta e, succintamente fattosi spiegare le motivazioni dell’intervento delle tre educatrici, spiegava loro semplicemente che non vi era da parte della sua paziente alcuna volontà né necessità di ricevere un aiuto, considerato che, oltretutto, al di là delle valide condizioni mentali e della ritrovata autonomia fisica, la signora era anche assistita da un comune amico, il sig. Maurizio MENCHINELLA, solito svolgere opera di volontariato, che provvedeva gratuitamente alle sue esigenze più onerose, tipo quello di procurarle la spesa maggiore settimanale, per cui non era necessario alcun particolare ausilio, godendo oltretutto la signora di una dignitosa pensione, di per sé fatto preclusivo a determinate forme assistenziali erogate senza costi per i beneficiari.
La dott.ssa ALPHA spiegò alle assistenti sociali, con la franchezza che la caratterizza, che non era il caso di proseguire in un incontro che era fonte di palese irritazione per la persona che stavano “intervistando”, con palesi finalità burocratiche, per intenderci di pura e semplice compilazione di modulistica.
Le venne risposto che i servizi dovevano svolgere il loro lavoro senza fretta e addirittura le fu detto che, se lei era medico di professione, pure loro erano in possesso di una non meglio specificata laurea.
A un certo punto la diretta interessata, la signora SERRALUNGA, si alzò ed invitò con toni decisi le tre assistenti a lasciare il suo alloggio ed evitare nell’insistente conduzione di un colloquio che l’anziana non gradiva.
La stessa dott.ssa ALPHA chiese alle tre educatrici di rispettare la volontà della loro interlocutrice, attirandosi un aperto moto di ostilità: dopo qualche giorno venne invitata a presentare una relazione sule condizioni di salute della sua paziente ed anche il suo medico di base ricevette analoga sollecitazione. Particolare non indifferente, una delle tre assistenti intervenute disse alla dott.ssa ALPHA che il suo intervento in appoggio alla signora SERRALUNGA, da lei evidentemente visto come una sorta di sberleffo alla sua sacra funzione di assistente sociale, sarebbe stato oggetto di relazione a chi di competenza: insomma il mancato appoggio alla pedanteria burocratica, le sarebbe costato caro.
Ed infatti le educatrici MATRICARDI, FLABBI e BALDAZZI firmavano una relazione indirizzata nel dicembre 2010 al Settore fasce deboli della Procura in cui dipingevano la signora SERRAUNGA come un’interdetta e la dott.ssa ALPHA alla stregua di una sorta di coartatrice – surrogatrice della volontà della paziente, insomma un sorta di circonventrice.
Si dà il caso – come si è detto – che la Procura sulla base di una superficiale, calunniosa e diffamatoria relazione delle assistenti sociali, ha cercato prima di interdire la signora SERRALUNGA e poi di affibbiarle un’amministrazione di sostegno, ricorrendo al giudice tutelare che ha respinto entrambi i ricorsi, riconoscendola – con due separate e consecutive sentenze – pienamente in grado di provvedere in modo autonomo alla propria ordinaria e straordinaria amministrazione con sentenze del gennaio 2012 ed aprile 2013.
Infatti il 27/1/2012 la VII sezione civile ha pronunciato la seguente sentenza n° 2679/12, nella causa civile iscritta al n. 2562/11 R.G./F avente per oggetto la richiesta di interdizione promossa dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Torino, parte attrice, contro SERRALUNGA Anna Maria, parte convenuta contumace, in cui si legge:
“…Lo stesso PM aveva richiesto il rigetto della richiesta di interdizione con trasmissione degli atti al Giudice Tutelare per la procedura di Amministrazione, di Sostegno La documentazione prodotta in atti con il ricorso evidenziava che la parte convenuta è affetta da “Fragilità Senile”. Nel corso dell’esame, svoltosi innanzi al G.I. in data 16.6.2011, la parte convenuta ha risposto, tuttavia, in modo abbastanza corretto alle domande sulla propria persona (nome, data e luogo di nascita, luogo di propria abitazione, data corrente), mostrandosi orientata nel tempo e discretamente lucida ed informata anche in ordine alle questioni attinenti il proprio patrimonio (dichiarava di vivere in alloggio di proprietà e di percepire una pensione accreditata in banca), e con sufficiente consapevolezza circa il valore del denaro… Ritiene pertanto il Tribunale che debba essere rigettata la domanda di interdizione inizialmente promossa dal P.M. Si provvede con separata ordinanza alla trasmissione del procedimento al Giudice Tutelare, ai sensi dell’art. 418 c.c. – così come modificato , dall’art. 6 L. 6/2004.
P.Q.M.
Il Tribunale di Torino, respinta ogni diversa istanza, in contumacia della parte convenuta, rigetta la richiesta di interdizione promossa dal P.M. nei confronti di SERRALUNGA ANNA MARIA, nata a Torino il 13.2.1932, residente in Torino, Corso Tortona 27.
Così deciso nella Camera di Consiglio della settima sezione civile del Tribunale di Torino in data 27.1.2012.
IL GIUDICE ESTENSORE Dr. Anna MELILLI
In fase istruttoria oltretutto, come evidenziato nella predetta sentenza, la sig.ra SERRALUNGA rispose con molta lucidità alle domande postele quando venne sentita dinnanzi al giudice. Leggiamo infatti che:
“Il 16/6/2012 innanzi al G.I. MELILLI compare l’interdicenda” signora SERRALUNGA che risponde correttamente all’esame del G.I., affermando, tra l’altro che con 10 € si acquistano mezzo chilo di carne tritata, 2 etti di prosciutto. La Stampa di cui indica correttamente il prezzo in 1,20 €.” (verbale udienza del 16/6/2012, ricorso n° RG. 2562/11)
Si noti in particolare l’articolazione della risposta fornita è altamente indicativa di una formulazione non solo corretta, ma anche di un’ideazione vivace ed acuta.
E si osservi che la CTU per la signora SERRALUNGA venne svolta dal dr. ANGLESIO, già CTU nella vicenda del ricorso dei fratelli COSTA per l’imposizione di un’amministrazione di sostegno al padre, al quale di certo aveva relazionato in modo estremamente negativo in merito alla dottoressa ALPHA l’amministratore di sostegno provvisorio signor REALE se non lo stesso GT dott.ssa GIANNONE, che aveva ricevuto le velenose relazioni del predetto amministratore, ampiamente calunniatorie e diffamatorie verso la dottoressa del proprio assistito, vincolato da una verosimile alleanza con i fratelli Andrea Gregorio e Lucia COSTA. Il dott. ANGLESIO non poteva inoltre non essere influenzato dalla presenza agli atti della succitata relazione delle tre assistenti sociali, una delle quali era al suo seguito durante la visita peritale: a conferma di ciò la signora SERRALUNGA raccontò alla dottoressa ALPHA la situazione di disagio in cui fu posta dalle incalzanti domande postele dal CTU dr. ANGLESIO, e dalle sue sarcastiche battute all’indirizzo della dott.ssa ALPHA. Questa precisazione per sottolineare come il giudizio del dr. ANGLESIO non dovette certo essere ispirato a benevolenza particolare nei confronti dell’esaminanda e per ribadire la rilevanza dell’accuratezza delle risposte fornite dalla signora SERRALUNGA al GT dott.ssa MELILLI.
In ogni caso, successivamente, il 9/4/2013 il Giudice dott. CARRARO si è definitivamente pronunciato sulla richiesta della Procura di aprire un’amministrazione di sostegno nei confronti della signora SERRALUNGA, nei seguenti termini:
Tribunale Ordinario di Torino Settima Sezione Civile – Ufficio del Giudice tutelare – A.S. 856/12
Il Giudice tutelare, All’esito del procedimento per Amministrazione di sostegno, promosso con ordinanza del 27/1/2012 dal Tribunale Ordinario di Torino nei confronti della signora SERRALUNGA Annamaria, nata a Torino il 13/2/1932 ed ivi residente in corso Tortona 27, …
Vista altresì la Consulenza Tecnica depositata l’11 marzo 2013,
Visto che dalla CTU è emerso che la signora SERALUNGA ha un deterioramento cognitivo di grado lieve, compatibile con la sua età, ma che non la pregiudica di provvedere autonomamente ai suoi interessi, sia per quanto riguarda l’ordinaria che la straordinaria amministrazione senza l’assistenza di terzi,
Ritenuto pertanto che nel caso di specie non sussistono i presupposti per l’apertura di un procedimento di amministrazione di sostegno a favore della signora SERRALUNGA.
Viste anche le conclusioni rassegnate il 2 marzo 2013 dal Pubblico Ministero, che chiede respingersi la domanda,
– visti gli articoli 404 e seguenti del Codice Civile,
RIGETTA
il ricorso e manda in cancelleria per gli adempimenti di competenza. Torino, 9 aprile 2013 Il GIUDICE TUTELARE Dr. Maurizio CARRARO
Ora si dà il caso che il PM dr.ssa RUFFINO, sotto l’impulso di pubblici ufficiali che avrebbero dovuto essere garanzia di fedele servizio allo Stato ed alla Giustizia, ossia il sig. Giuseppe REALE, amministratore di sostegno provvisorio del sig. COSTA e le assistenti sociali MATRICARDI, FLABBI e BALDAZZI, autrici dell’esposto alla Procura della Repubblica – settore Fasce Deboli, in merito ad un’inesistente asserita incapacità di intendere della signora SERRALUNGA, abbia voluto verificare persino se la dr.ssa ALPHA, abusando della sua posizione di medico curante, avesse potuto compiere opera di circonvenzione nei confronti di ulteriori pazienti.
Non si dimentichi che anche i servizi sociali avevano sporto segnalazione al settore fasce deboli pure nel caso del signor COSTA, limitandosi però a riferire quanto raccontato loro dai fratelli Andrea Gregorio e Lucia COSTA, figli del de cuius.
Non si dimentichi che i predetti servizi hanno ruolo estremamente attivo, con ampie deleghe loro conferite, nel settore Fasce deboli della Procura, cui afferisce lo stesso PM dr.ssa RUFFINO.
Si evidenzia come per superficialità l’inquirente abbia tradotto la doppia segnalazione dei servizi nei due casi in una certezza che la dott.ssa ALPHA fosse una circonventrice di anziani, dopo un’iniziale doppia archiviazione dei due procedimenti relativi, seguiti da lui stesso, assegnatario pure del proc. pen. n° RG 1016/12 contro la dott.ssa ALPHA e l’avv. BETA. Alle sue tesi, con una scadente qualità di motivazioni di cui si è detto, ha aderito anche il GUP che ha emesso sentenza di condanna n° 213/14
Alla formazione di questo convincimento ha certamente contribuito anche la CTP del dr. GALLI della LOGGIA, consulente per conto dei fratelli COSTA, infarcita di diffamazioni e calunnie nei confronti della dott.ssa ALPHA, indicata espressamente, come si è detto, quale mezzo di prova nella richiesta di rinvio a giudizio, e dallo stesso GUP ripresa nelle sue motivazioni della condanna
Evidentemente è molto lontano il tempo dei medici condotti che erano un punto di riferimento quasi sacro soprattutto per gli anziani soli, e, ancora di più, quello in cui, in genere, la professione medica veniva nell’immaginario popolare, e parimenti nelle classi colte, assimilata a quella di un missionario.
A nessuno evidentemente è venuto in mente che ci siano ancora medici che non si limitino a staccare ricette istoriate da prescrizioni farmacologiche a gogò per tacitare i pazienti o a sommergerli con quintali di inutili esami diagnostici, ottimi per praticare la cosiddetta medicina difensiva, ma assai meno utili ai malcapitati cui sono destinati. Insomma né ai servizi sociali – cosa che alla luce di un’ampia pubblicistica sul loro ruolo di spaccafamiglie ed autoreferenziale si può ben comprendere – nè tantomeno agli Inquirenti ed al Giudicante è passato vagamente per la mente che esistessero ancora figure di medici come quelle che hanno popolato i romanzi dello scrittore – e medico lui stesso – Archibald Cronin.
Per quanto poi attiene alla figura del sig. Giuseppe REALE, denunciato dalla dott.ssa ALPHA per calunnia, diffamazione, abuso di potere e false comunicazioni al PM, ,– e per cui il PM dr. RINAUDO ha recentemente richiesto ed ottenuto misure cautelari e che risulta essere già oggetto di altre indagini da parte della Procura di Torino per circonvenzione – si tratta davvero di un soggetto che ha pacificamento agito in combutta con i figli del signor COSTA, ed ha costantemente compiuto atti ostili contro gli interessi del suo assistito. Egli inoltre ha letteralmente preso in giro con tre relazioni – che sono autentiche patacche, intrise oltre ogni dire di menzogne spudorate – il GT dott.ssa GIANNONE che gli aveva affidato l’incarico di amministratore. ll signore in questione è del resto affetto da una sorta di mitomania come svelato anche dal curriculum vitae, presente sul sito web dell’associazione Egida (http://www.egidatutoriprofessionisti.it) di cui presiede il pomposamente definito “comitato scientifico”, dove il termine “scientifico” suona come autentico insulto ai valorosi scienziati italiani, considerata anche l’esilarante descrizione della “mission” dell’associazione stessa, essa pure presente sul sito web predetto.
A questa stregua è stato certamente difficile per Inquirente e Giudicante, che lo ha pedissequamente ed acriticamente seguito a ruota, accettare la possibilità che esistano delle persone di età relativamente avanzata, senza una famiglia, che dispongano testamenti a favore del loro medico di fiducia, di cui sono diventati anche – inaudito! un professionista che si mescola con il popolo dei pazienti! – amici, dopo essersi assicurati la sua assistenza in caso di necessità con l’avanzare degli anni e degli acciacchi, e dopo aver già ricevuto nel frattempo un’assistenza medica veramente eccellente.
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3 -IN MERITO ALLE MOTIVAZIONI DELA SENTENZA n° 213/14 Successivamente, con la pubblicazione delle motivazioni nel marzo 2014, il GUP chiariva la stupefacente chiosa del dispositivo, additando quello che a suo avviso sarebbero le condotte “sospette” tenute dall’ing. SCASSA, che, lo si precisa subito, ha evidentemente agli occhi del PM dott.ssa RUFFINO – e del GUP che ne ha accolto le richieste di condanna contro la dott.ssa ALPHA, addirittura aggravandole in termini sanzionatori – la colpa primaria di aver dato forma materiale scritta alla difesa della dottoressa ALPHA, di cui è il convivente, altro elemento a lui pacificamente sfavorevole, aiutandola nella redazione di due brevi memorie difensive presentate nel corso delle indagini (febbraio e luglio 2012), ma soprattutto nella corposa autodifesa costituita dalla memoria depositata il 18/11/2013, che è stata totalmente ignorata dal Giudice, che si è limitato – con dubbia ostentazione di cultura giuridica e di amore della verità – a definirla prolissa nella sentenza: quasi a giustapporre un rigoroso documento difensivo ad una sentenza che fa allegramente giustizia – rectius ingiustizia – a buon mercato.
In effetti la predetta memoria costituisce una pesante demolizione di tutte le conclusioni degli inquirenti e la sua lettura avrebbe, semmai ve ne fosse stato bisogno, impedito l’emissione di una sentenza che costituisce un gravissimo errore giudiziario, la cui conseguenza è la demolizione psicofisica di una persona, la dott.ssa ALPHA, nota per la generosità nell’impegno profuso nei confronti dei pazienti, che è stata, per alcuni versi, oggetto di derisorio riconoscimento da parte del PM nella stessa requisitoria, laddove ha affermato: “la dott.ssa ALPHA ha certamente fatto moltissimo per il sig. COSTA”, secondo la ricostruzione fornita dal difensore dell’imputata, presente all’udienza camerale.
In ogni caso il GUP nelle motivazioni precisa a pag. 77 della sentenza:
Infine, ritiene questo Giudice che certamente meriti approfondimento il comportamento tenuto da SCASSA Angelo nell’intera vicenda in valutazione. Lo SCASSA, infatti:
è stato beneficiario della delega bancaria concessa da COSTA Luigi nel 2008;
è stato nominato guardiano del TRUST del COSTA;
ha scritto il testamento che la SERRALUNGA ha poi copiato, redatto in favore della ALPHA, sua fidanzata;
era presente quando il dott. DESANA, C.T.U. nominato dal Giudice Tutelare precedeva all’esame della SERRALUNGA nell’ambito della procedura per la nomina di un Amministratore di Sostegno in favore dell’anziana;
era già stato indicato come papabile Amministratore di Sostegno da nominarsi per la SERRALUNGA; era, a sua volta, beneficiario di un testamento redatto in suo favore da ALPHA Anna Maria (oggetto di sequestro).
Ne consegue che deve essere disposta la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica in sede per la valutazione delle condotte poste in essere da SCASSA Angelo ai fini dell’integrazione del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 643 c.p.
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4- REAZIONE DEL PM ALLE DISPOSIZIONE DEL GUP
Peraltro, a fronte di queste cinque condotte addebitate dal GUP a carico dell’ing. SCASSA che, sono essenzialmente cinque eventi, in cui egli è rimasto, suo malgrado involontariamente coinvolto, e che, a nessun titolo, hanno nemmeno lontanamente implicato circonvenzione ai danni di chicchessia, e che oltretutto racchiudono malignamente un travisamento dei fatti, il PM si è superato, pensato bene di estendere all’ing. SCASSA praticamente tutte le condotte imputate a suo tempo, sin dall’avviso di garanzia dl luglio 2012, alla dr.ssa ALPHA (ossia circa una ventina), dopo averlo ascoltato come teste il 2/8/2012 per l’appunto nel proc. pen. 1016/12, senza assumere alcun provvedimento contro di lui.
Per inciso si osserva come il passaggio della sentenza che fa riferimento al testamento sottoscritto dalla dr.ssa ALPHA a favore dell’ing. SCASSA, tradisce un malcelato pregiudizio nei suoi confronti fa parte del GUP. Sarebbe infatti come a dire, ad esempio, che, oltre ai manager del Montepaschi di Siena andrebbero processati anche le rispettive consorti ed i relativi figli, in quanto loro eredi naturali, e quindi destinatari finali del bottino messo assieme da costoro con violazioni di legge molteplici. Oltretutto l’ingegnere ha scoperto proprio in occasione della perquisizione dell’abitazione della dott.ssa ALPHA nel gennaio 2012 che la sua convivente l’’aveva designato erede, e il PM dalle numerose conversazioni intercettate era del resto perfettamente a conoscenza del rapporto burrascoso tra loro intercorrente, con reiterate accuse da parte dell’odierno indagato nei confronti della dottoressa per il tempo da lei dedicato ai suoi pazienti, ed in passato segnatamente al sig. COSTA, il che rende del tutto inverosimile ogni sia pur vago e lontano sospetto di disegno collaborativo tra i due nella predazione dell’eredità di costui.
Insomma, l’Inquirente, dopo aver indagato dal 14 gennaio 2012 – e per l’esattezza addirittura dal 2010, con l’apertura di due diversi proc. pen. aventi ad oggetto l’ipotesi di circonvenzione ai danni del sig. Luigi COSTA e Anna Maria SERRALUNGA, poi archiviati a suo tempo, su sua stessa richiesta e di cui si è scritto – la dott.ssa ALPHA con l’avv. BETA per la circonvenzione in concorso, sino al novembre 2013, con il deposito delle ultime indagini integrative, e dunque dopo avere svolto attività inquirente per circa due anni almeno nell’ambito del proc. pen. n° RG 1016/2012, non si era evidentemente mai accorta del ruolo centrale giocato dall’ing. SCASSA.
Salvo poi, risvegliarsi di colpo, cogliendo l’assist offertole dal GUP, e pensando bene di attaccare l’ing. SCASSA emettendo nei suoi confronti a fine marzo 2014, senza alcun atto supplementare d’indagine rispetto a quelli compiuti nel predetto proc. pen. 1016/12, un avviso di garanzia che è un perfetto copia – incolla di quello emesso a suo tempo contro la dr.ssa ALPHA, e che aveva successivamente travasato immutato nelle imputazioni della richiesta di rinvio a giudizio di quest’ultima.
Un copia incolla rabbioso, così frettoloso da rendere l’avviso di garanzia del marzo 2014- che l’ing. SCASSA ha considerato alla stregua di una sorta di kafkiano comunicato di una del pari kafkiana indagine aperta, rectius creata sulle ceneri di una precedente indagine – addirittura inintelligibile, posto che il contenuto dell’avviso, articolato in tre pagine, procede di pagina in pagina con frasi tronche, come dall’indagato eccepito nelle dichiarazioni verbalizzate rese al PM, quando è stato convocato formalmente in Procura il 2/4/2014, data in cui ha appreso che le indagini del proc. pen. n° RG 3712/14, mai incominciate, erano contestualmente chiuse nella medesima giornata, come del resto specificato nell’avviso di chiusura ex art. 415 bis cpp (doc. n° 3).
La cosa davvero pazzesca è che l’ing. SCASSA è venuto a conoscenza di quasi tutte le vicende relative a quest’ultimo procedimento che lo riguarda solo leggendo le carte relative al proc. pen. n° 1016/12, aiutando la dr.ssa ALPHA a stilare la sua propria autodifesa, e non ne ha dunque alcuna conoscenza diretta.
In ogni caso il proc. pen. n° 3712/14 è stato aperto il 12 febbraio 2014 e nessun atto di indagine nuovo è stato compiuto, rispetto al proc. pen. n° 1016/12 che ha riguardato invece la dott.ssa ALPHA e l’avv. BETA.
Il PM ha atteso la pubblicazione della motivazioni della sentenza n° 213/14 che ha condannato la dr.ssa ALPHA e disposto il rinvio a giudizio del coimputato e poi è immediatamente partita alla carica dell’ing. SCASSA, notificandogli l’avviso di garanzia, che, come si è detto, è pressoché un’esatta copia incollatura di quello inviato a suo tempo alla dr.ssa ALPHA, con i minimi aggiustamenti necessari per l’opera di collage che ha sortito, come si è scritto, un risultato disastroso, in quanto nelle tre pagine dell’avviso notificate non vi era continuità di contenuto da pag. 1 a pag. 2 e poi da pag. 2 a pag. 3. Donde la parziale inintelligibilità dell’atto.
In ogni caso l’ing. SCASSA veniva convocato per interrogatorio il 2/4/2014 e il giorno prima produceva breve memoria in cui spiegava le ragioni per cui si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere, lamentando, oltretutto, il fatto assai grave che la sentenza fosse viziata da numerosi travisamenti del giudice che lo identificava nelle motivazioni con ben sei persone a lui totalmente estranee per inoppugnabili motivi documentali (vedasi doc. n° 1, citato).
Successivamente, nel mese di maggio 2014, veniva notificato l’avviso di chiusura delle indagini ex 415 bis, che consisteva sostanzialmente in una ripetizione dell’avviso di garanzia, con delle necessarie integrazioni per dare continuità logica alla narrativa che si interrompeva ad ogni cambiamento di pagina per il predetto maldestro lavora di “copia- incolla” eseguito con il word editor.
L’ing. SCASSA nei termini dei 20 gg concessi all’indagato in questi casi, depositava tempestiva memoria in cui evidenziava le falsità presenti in sentenza, le illogiche motivazioni, i numerosi travisamenti, le clamorose omissioni ed infine anche i giudizi espressi senza alcun fondamento documentale. Con la memoria richiedeva di essere sottoposto ad interrogatorio, e invitava il PM a svolgere indagini relativamente ai sigg. Andrea Gregorio e Lucia COSTA, Giuseppe REALE e Massimiliano SERRALUNGA che, ascoltati a sit, si sono prodotti in dichiarazioni di falsità, che esaminata nell’economia dell’insieme contestale, appare caratterizzata da una spiccata dolosità. Inoltre in via principale l’ing. SCASSA chiedeva al PM di procedere alla richiesta di archiviazione del proc. pen. n° 3712/14
L’interrogatorio aveva luogo il 7/6/2014, ma il PM non si presentava, sentendosi evidentemente oramai – come si suol dire – padrone del vapore, e delegava un sottufficiale di PG alla raccolta di semplici dichiarazioni dell’indagato, il quale subito evidenziava di essersi presentato per un interrogatorio, espressamente richiesto, e che riteneva inutile, che, dopo il deposito di una copiosa memoria difensiva, rendesse ancora libere ulteriori difese; il sottufficiale della PG procedeva allora alla richiesta di generici chiarimenti, non avendo evidentemente avito disposizione di muovere alcuna contestazione da parte del PM, forte di granitiche immaginifiche certezze.
A seguito della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM dr.ssa RUFFINO, all’udienza preliminare del 21/11/2014 l’ing. SCASSA è stato rinviato a giudizio con decreto emesso del GUP dr.ssa DANIELI.
All’udienza preliminare l’ing. SCASSA ha rilasciato dettagliate e puntualissime dichiarazioni, durate circa un’ora, che ha chiesto ed ottenuto venissero registrate; ad un certo punto gli è stata tolta la parola dallo stesso GUP che, alla luce della convinzione formatasi, ha evidentemente ritenuto inutile procedere nel suo ascolto ulteriormente.
E’ del resto noto che, alla faccia di quelle che erano le intenzioni di chi riformò la procedura penale, l’udienza preliminare è oramai nella pratica ridotta a vuota formalità, al punto che gli stessi avvocati consigliano spesso ai loro assistiti di saltarla, come ritualmente previsto, essendo oltretutto chiaro l’orientamento della S.C. la quale ha stabilito che il GUP non deve entrare in un giudizio di merito sull’innocenza dell’imputato, ma limitarsi a valutare se il materiale probatorio raccolto in sede di indagini sia suscettibile di evoluzione nel dibattimento, il che – tranne casi rarissimi – è pacificamente rebus in ipsis sempre possibile in astratto.
E’ notorio del pari che in molti tribunali in una stessa mattinata avanti al medesimo GUP vengono fissate anche decine di udienze preliminari, che si consumano in veloci intervalli temporali, secondo una stracca consuetudine, che il legislatore non ha mai ritenuto evidentemente necessario dover cancellare.
Inoltre l’ing. SCASSA avrebbe voluto chiedere il rito abbreviato, visto che le carte tutte agli atti nel fascicolo del procedimento gridavano la sua innocenza, ma è stato fortemente sconsigliato da ben più di un legale al quale si era rivolto per un consiglio in merito, in via meramente di principio sulle base delle seguenti motivazioni che gli avvocati in pubblico non rendono mai, salvo abbondarvi nei loro consigli in privato: di fatto a Torino il rito abbreviato è sinonimo di ammissione di colpevolezza, per cui viene chiesto soltanto da coloro che sono “spacciati” a priori, e poco importa quali siano le statuizioni codicistiche; in secondo luogo le modalità con cui egli è stato indagato e poi velocemente imputato non lasciano dubbi sulla volontà di fargliela pagare che sembrerebbe animare inquirenti e giudicanti, per essere egli stato l’estensore della clamorosa memoria difensiva di circa 540 pagine in cui ha fatto a pezzi i teoremi accusatori costruiti contro la dottoressa ALPHA e quindi di fatto anche la sentenza n° 213/14
In terzo luogo gli avvocati hanno unanimemente definito in privato, a quattr’occhi, “scandalosa” la sentenza del GUP dr.ssa LA ROSA e a detta dei legali consultati non era il caso di riprovare un’esperienza che per la dottoressa ALPHA è riassumibile nella definizione che certa stampa coraggiosa – per intenderci “Libero”, “Il Giornale” – non esiterebbe a definire di macelleria giudiziaria.
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5 – PROBABILE CAUSA DELL’ABUSO DI POTERE E DEL COMPORTAMENTO CONTRARIO AI DOVERI D’UFFICIO DEL PM
L’ing. SCASSA crede di aver ben chiare motivazioni dell’accanimento del PM nei suoi confronti.
Esso trae origine sin dalla telefonata intercettata nr.818 del 31.01.2012 ore 20.22 sull’utenza dell’ing. SCASSA, nelle ore immediatamente successive alle plurime perquisizioni ordinate dal Pm contro la dott.ssa ALPHA (studio professionale, abitazione, autovettura, personale).
Annotano infatti gli inquirenti:
Scassa parla con la ALPHA poi al minuto 20.23 lui dice: …La ALPHA continua a ripetere che l’hanno trattata come una delinquente Lui dice che le hanno fatto un’azione squadrista, poi dice che contatterà qualcuno del PDL e pensa anche di fare un’interrogazione parlamentare perché questa è un’azione gravissima e allucinante….. ALPHA: ma cosa c’entra lui [il Procuratore Capo, CASELLI, ndr] con questa qua scusa? Scassa: è il responsabile della Procura, quella lì è un PM, E’ UNA MERDA UMANA LA RUFFINO.
Dove il carattere stampatello è esattamente quello che si ritrova nella trascrizione della telefonata agli atti.
Inoltre, ad esempio, con riferimento al giorno stesso della triplice perquisizione di casa, studio ed autovettura subita dalla dr.ssa ALPHA, ossia il 31/1/2012, la PG aveva inoltre intercettato altre telefonate intercorse tra l’ingegnere e la dottoressa:
Si ritiene significativo far presente che questa P.G., durante l’intercettazione dell’utenza cellulare in uso all’Ing. SCASSA, ha ascoltato una serie di telefonate, avvenute dopo l’esecuzione della perquisizione eseguita presso l’abitazione e lo studio della dott.ssa ALPHA, nel corso delle quali, lo SCASSA pronuncia pesanti ingiurie verso il magistrato procedente e verso il Procuratore dott. Caselli.
- Telefonata nr.81 del 31.01.12 ore 20.15
Scassa parla con la ALPHA. Lei piange e si lamenta che le hanno portato via tutto. Lui le dice che domani andrà in tribunale a spaccare la faccia alla Ruffino perché i magistrati sono dei bastardi e queste sono cose che non si fanno neanche ai cani.
Le affermazioni dell’ing. SCASSA, pur traendo origine da una sua personale conoscenza di un’indagine condotta dal PM relativamente a fatti in cui un suo conoscente era parte offesa e per cui l’inquirente in modo, a dire di costui, incredibile, ne aveva richiesto l’archiviazione, pur essendo piuttosto evidente la colpevolezza delle persone indagate, era in ogni caso legata soprattutto allo stupore di quanto (svariate perquisizioni) aveva appena subito la sua convivente, della cui dirittura morale, come tanti altri testi ascoltati, egli è assolutamente certo, certezza che l’esame degli atti del proc. pen. ha in lui ulteriormente accresciuto, essendo egli convinto che ella sia vittima di un’autentica macchinazione giudiziaria.
Pertanto a un già potenzialmente inferocito PM, che sicuramente aveva avuto modo di ascoltare non pochi epiteti rivolti al suo indirizzo nelle telefonate intercettate tra la dott.ssa ALPHA e l’ing. SCASSA, seguiva la sorpresa del deposito, da parte della dottoressa, della predetta copiosa memoria nel corso dell’udienza preliminare, presso la cancelleria del GUP, che faceva letteralmente a pezzi le condotte addebitatele, con ciò provocando il crollo delle imputazioni: alla stesura della memoria aveva contribuito l’ing. SCASSA che, sentito a sit, aveva del resto spontaneamente dichiarato di aver assistito la sua convivente nella redazione anche delle due precedenti due brevi memorie difensive, il cui esito era consistito nella definitiva “sepoltura” della valenza del teste che era stato il motore d’avviamento delle indagini, ovvero il sig. Giuseppe REALE, poi invece letteralmente ibernato nella requisitoria del PM e in sentenza.
Era seguito poi, a breve distanza di tempo, e prima della requisitoria del PM del dicembre 2013, un esposto della dr.ssa ALPHA al procuratore Capo perché venisse valutato l’operato del PM, allo scopo di evidenziare gravi omissioni delle indagini, con mancato esercizio dell’azione penale contro testi la cui falsità era pacificamente dolosa.
Il PM reagiva peraltro, con sconcertante e gratuite offese all’indirizzo della dr.ssa ALPHA, pronunciate in dispregio di ogni civiltà giuridica.
Si legge infatti nella richiesta di autorizzazione alle intercettazioni telefoniche indirizzata al GIP formulata dal PM in data 16/1/2012 (doc. n° 4)
in data odierna veniva escusso a sit anche il nipote di SERRALUNGA ANNAMARIA ; occorre identificare e sentire altre persone (ad es. la vicina di casa) ma fin da ora possiamo sostenere che la ALPHA sta ponendo in essere una condotta che ripropone lo schema già utilizzato per il COSTA; la Serralunga da circa 4/5 anni è “accudita” dalla Dott.ssa ALPHA , la quale , tuttavia, è tanto preoccupata della salute della donna che non ha saputo evitare un ricovero in urgenza per forte debilitazione della anzianaDel resto la Serralunga è morta da sola e solo grazie ai vicini di casa ce ne siamo accorti. Non è grazie alla dott.ssa ALPHA.
Affermazioni invero scandalose.
In effetti la dr.ssa ALPHA rinveniva il cadavere della sua paziente presso la sua abitazione di corso Tortona 27 il 14 novembre 2013, verso le ore 15,30 dopo aver provveduto ad allertare 115 e 118, in quanto non riusciva a mettersi in contatto con la sua paziente. Infatti la sera prima ella aveva ancora dialogato telefonicamente con il sig. MENCHINELLA, il volontario che passava a salutarla quasi tutti i giorni. Nella mattina invece i vicini di casa e una negoziante non avevano visto la signora SERRALUNGA, che routinariamente si incontrava con loro e avevano avvisato telefonicamente il medico.
Oltretutto le chiavi dell’appartamento SERRALUNGA erano state sequestrate alla dr.ssa ALPHA nel corso della perquisizione del 31 gennaio 2012
Addirittura il PM ha evidentemente condizionato le indagini susseguenti al proc. pen. relativo alla morte della povera signora SERRALUNGA, inducendo, direttamente o indirettamente, il medico legale dott. IAMMARINO, intervenuto sul luogo, ad affermare – clamorosa boutade che è stata verbalizzata – che non condivideva l’impostazione terapeutica della dottoressa ALPHA che avrebbe prescritto – incredibili dictu – “antidepressivi per la cura della vaginite” (doc. n° 6)
Trattasi dell’ennesima grave lesione all’immagine professionale dell’imputata con l’implicita accusa di colpa medica da parte del PM nei suoi confronti, e con l’evidenziazione della sua prostituzione professionale dall’opera di medico a quella di circonventrice, profondo indizio di fumus persecutionis, anzi di autentico rogo nei suoi riguardi. Ad ulteriore conferma che l’obiettivo non era di accertare e perseguire i reati ascrittile, ma di colpire la sua persona in sé e di per sé, per poterla poi attaccare a suon di imputazioni fantasiose del tutto infondate, inducendo anche il giudicante a leggere i fatti attraverso le lenti filtranti noire utilizzate dagli inquirenti, il tutto anche per manganellare un’indagata/imputata che con memorie difensive “vivaci”, non solo si era di fatto difesa alla grande dal castello di cartapesta delle imputazioni, ma aveva a sua volta contrattaccato, ridicolizzando l’operato della Procura.
Del resto anche il riferimento all’incapacità della dr.ssa ALPHA di evitare nel settembre 2010 il ricovero in ospedale in emergenza della sua paziente, appare davvero allucinantemente diffamatorio. Posto che non si muove alcuna critica di merito alle scelte terapeutiche adottate dalla ALPHA, condivise anche dagli specialisti pneumologi e dal medico di base dr. MOLLICA, non si vede proprio come sia ascrivibile ad imperizia, negligenza od imprudenza professionale che dir si voglia, peggio ancora a menefreghismo del medico di fiducia della signora SERRALUNGA, il fatto che la medesima, accanita fumatrice, e partecipe a innumerevoli smoke parties con i coniugi RONDOLETTI – PILOLLI, condomini, possa essere stata colpita a quasi 80 anni da un episodio acuto di BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva).
Sarebbe come a dire che le patologie acute sono automaticamente ascrivibili a colpa dei medici curanti.
Qui siamo al bottom delle indagini. Abyssus abyssum invocat.
Del resto anche l’ing. SCASSA si era visto costretto nel febbraio 2014 a denunciare il PM odierno per una serie di considerazioni agli atti dalla valenza chiaramente diffamatoria nei suoi riguardi.
Fino all’iscrizione del proc. pen. odierno, il n° RG 3712/14 egli non era mai stato formalmente indagato nel corso del proc. pen. 1016/12, né tanto meno mai imputato, essendo stato anzi interrogato dal PM come testimone nell’ambito di un sit tenutosi nell’agosto 2012.
E’ pertanto particolarmente sconcertante che negli atti di quest’ultimo procedimento si leggano affermazioni calunniose e lesive della sua reputazione formulate direttamente dagli stessi inquirenti, che non possono certo in alcun modo essere consentite, posto che egli era testimone – e non parte processuale – nelle indagini del proc. pen. n° 1016/12, per cui i giudizi espressi nei suoi confronti non godono di guarentigia alcuna, e pertanto in nessun modo tali condotte possono scriminare il reato di diffamazione perpetrato nei suoi confronti, non essendo – per la sua posizione di teste – possibile che esse rientrino nell’ambito della dialettica tra le parti processuali.
Infatti si trovano agli atti queste due annotazioni nel fascicolo delle indagini dell’Inquirente, che coinvolgono ovviamente anche la diretta responsabilità della titolare del proc. pen. 1016/2012, ossia il PM dott.ssa RUFFINO, oltre che della PG che le ha redatte.
Nella prima annotazione (doc. n° 7) si legge:
“OGGETTO: ANNOTAZIONE. TORINO 6 febbraio 2012
I sottoscritti MOLTONI Luciano, Ispettore Capo della P.d.S. e MARCHISIO Massimo, Assistente Capo della P.d.S. , in riferimento al P.P. a margine indicato, riferiscono quanto segue:
Nella mattinata odierna, su disposizione di quest’ufficio, si recavano in Cambiano (TO) per verificare la residenza di SCASSA Angelo, nato a Torino il 01.02.1963.
Al civico di cui sopra, posto in prossimità dell’incrocio, constatavano la presenza di una costruzione bifamiliare, libera su tre lati, di due piani più la mansarda, con al piano terreno un giardino. Sulla targhetta del citofono era apposta la scritta “SCASSA” ed il civico era riportato sulla cassetta della posta appesa al cancello di ingresso. L’abitazione al momento del sopralluogo presentava tutte le imposte chiuse.
A conferma della residenza dello SCASSA, si allega l’accertamento anagrafico effettuato tramite il comune di Cambiano.
Inoltre da accertamenti effettuati presso la banca dati FF.PP. il (sigh!) SCASSA risulta avere precedenti di Polizia per percosse, diffamazione e detenzione abusiva di armi.”
Ispettore Capo della P.d.S. – MOLTONI Luciano
Osserviamo per inciso che dopo la pregevole annotazione circa la collocazione del giardino, che correttamente è specificato trovarsi a piano terra (in effetti ai giardini volanti non eravamo ancora abituati) segue la diffamatoria affermazione – ancorché molto coreografica – circa inesistenti precedenti di Polizia a carico dell’ingegner SCASSA per “percosse, diffamazione e detenzione abusiva d’armi”.
Inoltre sempre nel fascicolo del proc. pen. n° RG 1016/2012 della Procura di Torino si trova la seguente annotazione della PG – a firma del Sost. Comm. FIORE Angela, Isp. C. SIRACUSA Laura, e dell’Ass. C. IANNI Ornella – che riferiscono quanto segue in una relazione cui si attribuisce all’ing. SCASSA un inesistente disturbo della personalità e in cui si asserisce addirittura che egli è responsabile di aver scritto personalmente “di proprio pugno” il testamento della signora SERRALUNGA. Trattasi dell’ennesima diffamazione, calunnia, falsità, che, guarda caso, è stata ripresa di piè pari anche dal GUP dr.ssa LA ROSA.
“Ing. SCASSA Angelo –
Angelo SCASSA, nato a Torino l’O 1.02.1963 residente in Cambiano (TO) Laureato al Politecnico di Torino in Ingegneria, attualmente professore di discipline meccaniche presso un Istituto tecnico superiore sito in piazza Robilant a Torino
Nel corso dell’intercettazione è emerso che Scassa Angelo è affetto da un disturbo della personalità di tipo ossessivo – compulsivo che lo porta ad assumere tranquillanti (Tavor) quotidianamente.
Pur avendo una relazione sentimentale con la ALPHA, il loro è un rapporto burrascoso e spesso Scassa si lascia andare a critiche pesanti nei confronti della ALPHA di cui mal tollera il carattere, a suo dire aggressivo e troppo duro.
Per quanto riguarda il ruolo dell’ing. Scassa Angelo nelle vicende relative a Costa e alla Serralunga, questa P.G. non ha acquisito elementi utili a configurare il tipo di ruolo che SCASSA ha assunto in entrambe le vicende.
Ciò che appare palese è che Scassa ha conosciuto e frequentato Costa, che compare come guardiano nel suo Trust e che ha avuto una delega ad operare sul suo conto corrente bancario mentre; nella vicenda relativa alla Serralunga, è emerso che Scassa ha scritto di proprio pugno il testamento che l’anziana ha fatto a favore della ALPHA.
(relazione della PG dell’8/3/2012)
In realtà l’ing. SCASSA non ha alcun precedente per diffamazione, diffamazione, detenzione abusiva d’arma e percosse.
Non ha alcun disturbo della personalità. Non ha mai falsificato alcun testamento, né indotto qualcuno a scriverne uno.
Infatti: a) in merito all’accusa di precedenti per diffamazione si osserva:
L’ing. SCASSA è docente di ruolo dal 2000 di discipline meccaniche e attualmente insegna presso l’ITIS Avogadro di Torino. Venne sospeso con due diversi provvedimenti disciplinari nel 2008 e 2009 per complessivi 40 giorni dall’insegnamento, con tre anni di blocco degli aumenti di stipendio per aver autorizzato nel 2006 studenti maggiorenni a scioperare contro la grave malgestione dell’istituto professionale Beccari, dove è stato in servizio fino all’agosto 2009, e per un comunicato stampa con il quale annunciava una conferenza che tenne in piazza di Montecitorio a Roma nel giugno 2008 per illustrare quanto accadeva presso il suo istituto, dove la preside Alma Concati interferiva negli Esami di Stato rigonfiando i crediti scolastici, falsificando verbali di scrutini, rottamava macchinari del valore di centinaia di migliaia di euro, demoliva laboratori nuovi di zecca, spediva gli studenti ad esercitarsi in impianti molitori fuorilegge, che non erano mai stati collaudati e presentavano elevato rischio di esplosione, forniva false comunicazioni all’Università di Torino relative ai tirocini per l’abilitazione all’insegnamento che si tenevano fittiziamente nell’istituto da lei diretto.
I due provvedimenti disciplinari, entrambi adottati su impulso della preside, sono stati cancellati con sentenze passate in giudicato dal Tribunale Civile di Torino e dalla Corte d’Appello di Torino.
Precisamente il provvedimento dell’USR (Ufficio Scolastico Regionale) del Piemonte – MIUR, emesso il 4/7/2008 è stato annullato con sentenza del Tribunale di Torino n° 4486/09 del 6/11/2009, a firma del giudice PALIAGA (doc. n° 9) che non è stata appellata ed è passata in giudicato; il secondo provvedimento dell’USR è stato annullato con sentenza n° 294/11 emessa il 31/1/2011, sempre dal Tribunale Civile di Torino, a firma del giudice dr. MOLLO (doc. n° 10), contro la quale è stato proposto appello, nuovamente vittorioso per l’ing. SCASSA, che ha visto riconosciute le sue ragioni, con encomio per il coraggio dimostrato nel denunciare coram populo i gravi illeciti gestionali della preside dell’IIS Beccari, dalla sentenza n° 552/12 (doc. n° 11), pronunciata dalla terza sezione della Corte d’Appello (pres. DI GIROLAMI, giudice est. GRILLO PASQUARELLI).
Non solo – e qui siamo ai “precedenti per diffamazione” dell’ing. SCASSA – egli è stato effettivamente denunciato e rinviato a giudizio per il predetto comunicato stampa che annunciava la conferenza tenuta a Roma davanti alla sede del Parlamento: il processo a Roma si è concluso il 3 aprile 2013, con assoluzione piena ex art. 530 comma 1-2 cpp. Tale sentenza è passata in giudicato ed ora, ovviamente, l’ing. SCASSA chiede il risarcimento dei danni per la calunnia subita.
Nella sentenza n° 6584/12 del Tribunale di Roma (doc. n° 12) leggiamo:
Si ritiene che rientri nel diritto di critica, come forma di libertà di manifestazione del pensiero, la narrazione di notizie anche lesive dell’altrui reputazione, che, però rispettano i tre parametri della verità, della rilevanza pensale e della continenza.
– Quanto alla maggiorazione dei crediti scolastici attribuiti negli anni precedenti:.”i tarocchi della maturità”:
Quanto alla modifica dei crediti scolastici l’imputato ha precisato che si è trattato di una grave irregolarità.. la notizia riferita è vera e documentalmente provata, come è provato che tale modificazione venne disposta dalla preside.
– Quanto ai laboratori, che l’imputato ha sostenuto che il laboratorio di discipline meccaniche era costituito da un capannone in cui erano depositati alcuni vetusti e inservibili macchinari.. :
Tali affermazioni sono provate dalle fotografie prodotte e dagli stessi verbali del dipartimento di meccanica degli anni 2005-07.
– Quanto alla negligente custodia del molino sperimentale:
E’ provato dai documenti acquisiti (prime fra tutti le interrogazioni parlamentari) che il molino restò in stato di abbandono, fu in parte rottamato, fu depositato in parte all’esterno, esposto agli agenti atmosferici, e solo nel 2007-2008 venne messo in funzione tale impianto, di minori dimensioni e realizzato attraverso il recupero dei pezzi ancora disponibili del molino originario. Tali circostanze, oggettivamente provate dai documenti prodotti, confermano la verità di quanto sostenuto dallo Scassa nello scritto oggetto del presente procedimento;
In realtà la vicenda è tutt’altro che chiara, come affermato dall’imputato … L’incongruenza deriva dal fatto che la richiesta di risarcimento [avanzata dalla preside, ndr] è anteriore alla scoperta del danno stesso, ossia risale al 29/1/2000
– Quanto alla violazione della normativa in materia di sicurezza
In effetti le principali doglianze dello Scassa si riferiscono al molino realizzato nel 2007, che, a suo dire, non sarebbe stato a norma ed avrebbe rappresentato, se messo in funzione, un serio rischio per l’incolumità degli studenti che lo utilizzavano. E’ provato che il molino venne in effetti messo in funzione (come emerge dal risalto dato alla notizia dalla rivista “Molini d’Italia” del giugno 2008); è provato altresì che al momento dell’accesso degli ispettori era spento, e che, comunque, se messo in funzione esso non sarebbe stato in sicurezza… E’ provato che il collaudo avvenne solo nel 2010.
Concludendo quindi essendo provata anche la veridicità delle affermazioni lesive della reputazione della Concati contenute nello scritto dell’imputato e a lui contestate nei capi di imputazione, va rilevato che la loro diffusione costituisce esercizio legittimo del diritto di critica, che scrimina, ex art. 51 c.p., la condotta lesiva posta in essere.
PQM
Visto l’art. 530, comma 1 e 2 c.p.p. Assolve Angelo SCASSA dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Il Giudice Federica TONDIN – Roma 3/4/2013
Si osserva per inciso che le gravi censure dell’operato della preside erano state anche oggetto di una denuncia presentata dall’ing. SCASSA alla Procura della Repubblica di Torino. Misteriosamente tutti i fatti di cui si dà atto in sentenza come documentalmente provati erano stati misconosciuti dagli inquirenti torinesi sulla base – incredibile a dirsi – delle stesse dichiarazioni della preside che, da indagata, forte della carica istituzionale che ricopriva, aveva ingannato i magistrati in modo davvero sbalorditivo. Il tutto per non dar retta alle ipotesi che circolavano tra i docenti dell’Istituto Beccari, di una sua intangibilità per note amicizie influenti.
Ma mentre nelle cause civili l’onere della prova era a carico del datore di lavoro che non l’aveva mai raggiunto, ed anzi era addirittura incorso in difese poggianti su documenti falsi appositamente costruiti per danneggiare il ricorrente (nella citata sentenza 294/11 il Giudice scrive “è molto grave che qualcuno abbia inteso giungere alla falsificazione delle firme dei colleghi del ricorrente pur di predisporre delle firme contro il prof. SCASSA”), nel procedimento penale è stato l’ingegnere a dover dare dimostrazione delle pesanti accuse lanciate contro la dirigente scolastica, onere che egli ha raggiunto pienamente, come si legge nella citata sentenza del Tribunale di Roma, oggetto di giudicato.
b) in merito all’accusa di avere precedenti per detenzione abusiva di armi Quanto alla detenzione abusiva di armi, si tratta della semplice circostanza che il padre dell’ingegnere, ex vigile urbano, aveva acquistato una pistola nel lontano 1946, regolarmente denunciata: egli morì per colpa medica il 2/4/2004 e la Procura di Torino aprì al riguardo un proc. pen. relativo alla sua morte, il n° RG 24916/06 a seguito del quale, si ebbe la formulazione delle imputazioni coatte imposte al PM dal GP dott. MORONI nel 2009 ed il 16/12/2010 il GUP emise il decreto di rinvio a giudizio di tutti i nove medici delle Molinette imputati.
I medici saranno poi assolti nel novembre 2011, senza praticamente dibattimento, ai sensi dell’art. 129 cpp, a prescrizione intervenuta, ma la S.C. accoglieva il ricorso presentato dall’ing. SCASSA trasformandolo in appello con sentenza n° 48250 del 29/11/2012.
Tuttavia, su istanza delle difese degli imputati la Corte d’Appello di Torino emetteva ordinanza il 3/1/2013 con cui dichiarava inammissibile il ricorso per mancata esplicitazione dell’interesse risarcitorio.
Decisione invero insolita quella assunta dalla Corte d’Appello di Torino, dimentica della sentenza delle Sezioni Unite della S.C. n° 6509/13 del 20/12/2012, subito immediatamente pubblicizzata per la sua importanza, e che in ogni caso si incanalava nel solco di una lunga giurisprudenza, che ha dato responso negativo al quesito se la parte civile, con l’impugnazione della sentenza di proscioglimento, debba richiedere espressamente, a pena di inammissibilità, la riforma della sentenza ai soli effetti civili. (udienza pubblica del 20/12/2012 n° 6509/13, Presidente Lupo, Consigliere estensore Davigo).
In ogni caso, l’ing. SCASSA ricorreva nuovamente in Cassazione, che chiudeva definitivamente la partita degli inesistenti vizi formali il 16 luglio 2013, previa requisitoria scritta favorevole del PG presso la S.C., il dott. Vito d’Ambrosio, ordinando nuovamente la celebrazione del processo di secondo grado alla Corte d’Appello di Torino.
Al processo in Corte d’Appello tenutosi il 25 giugno u.s., la III Sezione Penale, essendo non solo intervenuta da oltre due anni e mezzo la prescrizione, ma mancando l’appello del PM, con conseguente preclusione ad una riforma in peius della sentenza di primo grado, pronunciava sentenza (doc. n° 13) con il seguente dispositivo:
“In parziale riforma della sentenza appellata, accoglie, limitatamente agli spetti civili, l’appello presentato dalle Parti Civili, statuendo che la sentenza di assoluzione degli imputati non ha efficacia di giudicato ex art. 652 cpp nell’eventuale giudizio civile fra le Parti”.
Ritiene irrevocabile la sentenza in ordine agli aspetti penali della vicenda.
Condanna gli imputati alla refusione delle spese sostenute dalle Parti Civili, così come richieste, unicamente con riferimento al presente grado d’Appello che liquida in euro 2800 oltre 15% di spese forfettarie, IVA e CPA a favore di ciascuna delle parti civili BORELLO Rosa e SCASSA Angelo”
Infatti lo stesso PG ha evidenziato il clamoroso ritardo dei sanitari delle Molinette nel riconoscere un addome dolente acuto per cui il paziente venne tardivamente operato ed il clamoroso aumento di peso corporeo nei 25 giorni successivi di ricovero in rianimazione del paziente, attestato dalle cartelle cliniche pari a + 28,5 kg
Avverso la predetta sentenza della Corte ricorreva in Cassazione l’imputato prof. RANIERI, ordinario di anestesia e rianimazione, e quasi tutti gli altri imputati si aggregavano al ricorso. La S.C. , III sez. penale, respingeva tuttavia il ricorso con sentenza n° 19367 del 13/4/2016
In ogni caso, l’ing. SCASSA, dopo il 2/4/2004, giorno del decesso del padre, morto dopo una drammatica agonia di 40 giorni circa, rimase comprensibilmente assai provato e dovette impegnarsi molto nelle fasi iniziali del proc. pen. per colpa medica che prese impulso proprio dalla sua dettagliata testimonianza. e che vide successivamente indagati ed imputati 9 medici delle Molinette. Egli dovette anche preoccuparsi di seguire le consulenze mediche di parte, cui fornì un prezioso apporto analitico delle cartelle cliniche correlate ai fatti da lui direttamente vissuti nell’assistenza del padre.
Per questi motivi l’ing. SCASSA non si preoccupò di ricercare l’arma posseduta da suo padre per il semplice motivo che non l’aveva rinvenuta: dopo sette mesi dal decesso del genitore la locale stazione dei CC, nell’ambito di un controllo del registro delle armi, gliene chiedeva conto ed egli, dopo lunga ricerca in casa la trovava, la consegnava, ricevendo però denuncia da parte dei CC per la mancata nuova denuncia tempestiva di possesso dell’arma. Ne seguiva l’apertura di un proc. pen. affidato al PM dott. MALAGNINO nel novembre 2004, che ad oggi risulta abbondantemente archiviato, senza praticamente che mai sia stato compiuto alcun atto di indagine, per pacifica mancanza anche dell’elemento soggettivo.
E’ notorio che centinaia di migliaia di italiani, per mera ignoranza della legge specifica, che risale ancora all’emergenza del terrorismo brigatista, detengono ancora armi e fucili da caccia assortiti appartenuti ai nonni, senza più averne ridenunciato il possesso dopo il loro decesso, se non addirittura, come avvenuto nel caso dell’ing. SCASSA, senza nemmeno essere consapevoli della loro presenza, ben occultata, magari in qualche scantinato o sottotetto.
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c) in merito all’accusa di percosse
Semplicemente nel 2004 vi fu una denuncia presentata contro l’ing. SCASSA da una persona che si era abusivamente introdotta presso la sua abitazione e da lui allontanata, senza essere stata benché minimamente sfiorata: trattasi di denuncia archiviata dal PM dott. SALUZZO nel giugno 2008.
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Insomma non solo l’ing. SCASSA non ha carichi penali pendenti, ma ha sconfitto giudizialmente in ripetute occasioni le persone che rappresentavano istituzioni.
Insomma non solo l’ing. SCASSA non ha carichi penali pendenti, ma ha sconfitto giudizialmente in ripetute occasioni le persone che rappresentavano istituzioni.
Per inciso infatti si osserva che egli ha anche vinto una causa contro il Comune di Cambiano, con giudizio definitivo, a seguito di recente sentenza di Cassazione depositata il 2/4/2013, che ha confermato la sentenza n° 686/06 della III Corte d’Appello Civile del Tribunale di Torino, bocciando il ricorso presentato dall’allora sindaco: la Corte aveva condannato il municipio a risarcire alla famiglia SCASSA i danni derivanti da infiltrazioni di liquami neri e bianchi provenienti dal collettore comunale, ex art. 2051 c.c. Si precisa che per le infiltrazioni di liquame furono svariate decine le case danneggiate in Cambiano, come risulta dagli articoli comparsi, a più riprese, su La Stampa ed altri quotidiani nel periodo 1998-2004. Nessun altro cittadino fece tuttavia causa al Municipio, nella comune convinzione che le istituzioni sono comunque sempre intoccabili.
Insomma con buona pace dell’inquirente, l’ing. Angelo SCASSA non aveva alcun carico pendente, è un incensurato cittadino che non ha mai commesso alcun tipo di reato, e può anzi vantare un ottimo rapporto con la Giustizia. Alla faccia del tentativo di merdizzazione operato contro di lui, forse per colpire in realtà la dott.ssa ALPHA.
Eppure l’Inquirente riferisce che egli ha precedenti di polizia per diffamazione, detenzione abusiva d’armi e percosse.
In breve sintesi l’ing. SCASSA può vantare una sonora vittoria contro il binomio USR (Ufficio scolastico regionale del Piemonte, ex Sovrintendenza, organo regionale del MIUR) – preside IIS Beccari per 4 -0, contro il Comune di Cambiano per 3-0.
E di certo la recente citata sentenza della Corte d’Appello di Torino, gli ha dato tardiva soddisfazione nel suo profondo convincimento della colpevolezza dei nove medici imputati delle Molinette, tra cui due direttori universitari, per omicidio colposo per la morte di suo padre.
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d) in merito al disturbo della personalità di cui soffrirebbe l’ing. SCASSA
Nel “santino” confezionato per l’ing. SCASSA, che è stato sopra riportato (doc. n° 8)- a firma Sost. Comm. FIORE Angela, isp. C. SIRACUSA Laura ed Ass. C. IANNI Ornella, in servizio presso la Procura di Torino – si assiste ad un’altra lesione della reputazione dell’odierno indagato da parte dell’inquirente del proc. pen. 1016/2012.
L’Inquirente sproloquia a ruota libera cercando di scimmiottare i medici.
Come documentato da ampia documentazione clinica l’ing. SCASSA soffre di un disturbo di ansia ed attacchi di panico, una nevrosi che nel modo più assoluta nulla a che vedere con un disturbo della personalità.
In data 16/8/2008 il dr. S. BRUATTO (doc. n° 14), specialista neuropsichiatra dell’ASL Torino 2, e refertava infatti:
“Stato di ansia con disturbo da attacchi di panico”
Trattasi di una patologia associata ad un’eccessiva ricaptazione della serotonina a livello di sinapsi nervose
L’affermare che l’ing. SCASSA soffre di un disturbo della personalità è una gratuita diffamazione che davvero l’Inquirente non può in alcun modo permettersi, essendo oltretutto argomento ultroneo alle imputazioni rivolte alla dr.ssa ALPHA, ed essendo diventati ormai accessibili gli atti di indagini.
Non solo l’ing. SCASSA non soffre di alcun disturbo della personalità, ma è davvero demenziale ipotizzare che un disturbo della personalità sia curabile con l’assunzione di una compressa il giorno di 1 mg (la dose minima) di Tavor orosolubile, che trova invece indicazione anche per gli attacchi di panico.
Posto che i disturbi della personalità secondo il DSM V, (ovvero il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Desorder, ossia la “bibbia” internazionale degli psichiatri) comprendono disturbi paranoidi, schizotipici, che presuppongono soggetti che non si rendono conto di presentare manifestazioni di pensiero e di comportamento disadattativi in contesti pressoché illimitati, emerge con piena evidenza la valenza della diffamazione compiuta dagli Inquirenti.
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e) Quanto alla grave accusa di aver redatto il testamento olografo della signora SERRALUNGA
Si tratta di un’altra delirante affermazione, pacificamente calunniosa e diffamatoria.
La diretta interessata, che è deceduta il 14 novembre 2013, ascoltata a sit, invece ricorda (doc. n° 15):
Ho deciso di lasciare la mia casetta alla Dott.ssa ALPHA, credo 5 anni fa. Lei non me lo ha chiesto. Ho deciso io perché almeno sapevo a chi finiva la mia casa…….. E’ stata mia l’idea di fare testamento. Ho scritto io la lettera a mano. Sapevo cosa scrivere perché ero nelle mie piene facoltà mentali. (SIT di Anna Maria SERRALUNGA del 7/7/2012). Inoltre la signora Teresa VANDONE, amica della signora SERRALUNGA e della dottoressa ALPHA, ha lapidariamente affermato:
“Riguardo alla SERRALUNGA posso dire che io la conosco da tanti anni, 15 o 20. Sono stata io a farle conoscere la ALPHA perché lei si lamentava del suo medico”.
“ Si, io ho detto alla SERRALUNGA di fare testamento a favore della ALPHA. Gliel’ho detto perché mi diceva di essere sola e di non sapere cosa fare. Io non so se poi il testamento gliel’ha fatto veramente”. (SIT della signora Teresa VANDONE, residente in un palazzo vicino a quello in cui abita la signora SERRALUNGA, dell’11/6/2012)
E’ davvero incredibile affermare che l’ing. SCASSA abbia redatto “di suo pugno” il testamento della signora SERRALUNGA.
Al riguardo una semplice perizia grafica potrebbe definitivamente – esattamente come quella disposta dal PM nei confronti del testamento redatto dal sig. Luigi COSTA che gli inquirenti sospettavano, erroneamente, essere stato scritto di proprio pugno dal coimputato avv. BETA – accertare definitivamente la paternità della disposizione.
Ed è ancora più sconvolgente e giuridicamente apolide sostenere del tutto gratuitamente, contro ogni evidenza documentale, che l’ing. SCASSA avrebbe addirittura “detto” – come recita il puerile linguaggio del PM – alla signora SERRALUNGA “anche cosa doveva scrivere sul testamento” nel 2006 a favore ovviamente della sua “fidanzata” – come scrive invece il GUP in sentenza – senza accorgersi che all’epoca l’ingegnere non aveva in atto alcuna relazione sentimentale con la dottoressa ed alla faccia di quanto dichiarato a sit dalla signora VANDONE, oltre che dalla stessa signora SERRALUNGA.
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Del resto, non a caso un passaggio dell’avviso ex art 415 bis cpp di chiusura delle indagini (doc. n° 3) chiarisce involontariamente il vero motivo per cui è stato aperto il proc. pen. 3712/14.
“…ciò con la costante collaborazione di Scassa Angelo sempre disponibile ad offrire “pareri tecnici”, o ritenuti tali ed ad affiancare la ALPHA in ogni decisione…”.
Insomma siamo dinnanzi ad una sorta di autentica persecuzione giudiziaria che trae origine dalle motivazioni che si sono addotte.
In particolare all’ing. SCASSA vengono addebitate condotte a sostegno delle ipotesi di reato di circonvenzione in concorso nei confronti di due persone con le quali egli ha intrattenuto rapporti di conoscenza per il semplice motivo che si trattava di due pazienti ed amici della dottoressa ALPHA, con la quale ha in atto una relazione sentimentale dalla primavera del 2007, e che pertanto ha necessariamente conosciuto ed incontrato, senza peraltro aver avuto modo, se non occasionalmente, di seguirne le vicende di vita, di cui – lo si ripete – ha appreso in parte dalla loro stessa voce, ma in parte di gran lunga più copiosa attraverso la lettura delle carte processuali che ha effettuato congiuntamente alla propria convivente nell’intento di aiutarla nell’opera di autodifesa.
Donde il pacifico abuso di potere esercitato dal PM, il quale sembra quasi essersi divertito ad esercitare una vera e propria rappresaglia gratuita nei confronti della persona che di fatto ha materialmente aiutato la dott.ssa ALPHA ad esercitare la propria autodifesa mediante il deposito della predetta copiosa memoria in corso di udienza preliminare, scritto che è stato snobbato completamente sia dall‘inquirente sia dallo stesso giudicante, in quanto in condizione di smontare i pregiudiziali teoremi indimostrabili in base ai quali è stata richiesta ed ottenuta la condanna della dott.ssa ALPHA.
Di certo per l’ing. SCASSA il sentirsi addebitate condotte cui è totalmente estraneo, e che nemmeno il GUP aveva osato addebitargli nella sentenza, ha avuto l’effetto da un lato di fargli rivivere le pagine del Processo di di Kafka in cui il signor Josef K si trova al centro di un procedimento penale assurdo, la cui unica interpretazione, per così dire logica, sembra potersi trovare nelle parole che gli pronuncia la proprietaria del suo alloggio nel momento in cui egli viene arrestato: “Lei non se la prende a cuore. Nel mondo succede di tutto”, ovvero nelle parole del cappellano che gli spiega il principio che regola il funzionamento della giustizia: “il tribunale non le chiede nulla: la accoglie quando si presenta, la lascia andare quando se ne va”.
Dall’altro lato, di fronte all’inaudita assurdità delle condotte attribuite all’ing. SCASSA a sostegno di deliranti ipotesi di reato, non poteva non tornargli in mente il contenuto di una celebre intervista che un presidente del Consiglio italiano ebbe modo di rilasciare a due giornalisti inglesi dello Spectator nell’estate 2003.
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6- CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA SENTENZA N° 213/14 CON LA QUALE IL GUP HA RESTITUITO GLI ATTI “ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA IN SEDE PER LA VALUTAZIONE DELLE CONDOTTE POSTE IN ESSERE DA SCASSA Angelo AI FINI DELL’INTEGRAZIONE DEL REATO DI CUI AGI ARTT. 81 cpv., 110 e 643 c.p.”
Occorre qui considerare che la sentenza non ripercorre in modo analitico le numerose precise condotte addebitate alla dott.ssa ALPHA a sostegno delle imputazioni per il reato di circonvenzione in associazione.
La sentenza – che è stata tempestivamente impugnata dall’imputata – è infatti una farraginosa giustapposizione di affermazioni false di testi e di cenni frammentari di documentazione agli atti, sempre riferentesi a fatti insignificanti, come se lo scopo del giudicante fosse quello di tirare per i capelli una grave sentenza di condanna che si basa su un pedissequo adeguamento alla requisitoria del PM. Il GUP – sia detto con il massimo rispetto, ma con pari franchezza – non aveva alcun elemento probatorio tra le mani: ne risulta una ricostruzione dei fatti gossippara, scritta con il linguaggio di un mattinale di questura, con l’omissione dell’esame di montagne di documentazione “pericolosa” perché comprova l’esatto contrario di quanto apoditticamente sostenuto, ed il sorvolamento disinvolto su punti centrali per la decisione, come la valutazione delle condizioni psichiche dei sigg. COSTA e SERRALUNGA. E’ inusuale e davvero stupefacente anche la struttura della sentenza stessa che non esamina le condotte attraverso le quali si sarebbe concretato il reato di circonvenzione in associazione, ma si limita, anche con clamorose falsificazioni della realtà documentale, l’unica alla quale in un giudizio abbreviato il Giudice può far rifermento, ad evocare qualche strana suggestione che della prova, rectius dell’indizio probatorio, non assume né la sostanza né la forma. Il tutto con risultati tragicomici: l’ingegner Angelo SCASSA, convivente della dott.ssa ALPHA e suo punto di riferimento nella stesura della sua memoria difensiva, totalmente ignorata in sentenza, di cui il GUP chiederà una valutazione del profilo penale, rinviando gli atti al riguardo al PM, viene confuso con addirittura altre sei persone; a altre persone vengono frettolosamente attribuiti titoli accademici di pura fantasia: il contadino e produttore di vino Paolo ALLUTO viene improvvisamente riscoperto nei panni di avvocato. Ed il giudice non è mai fermato da alcun dubbio al riguardo, pur andando sistematicamente a cozzare come una motonave contro l’iceberg insuperabile della documentazione agli atti.
Persone, che hanno tenuto atteggiamenti cruciali ai fine delle decisione, come il sig. Giuseppe REALE, pubblico ufficiale e incaricato dallo stesso Tribunale di pubblico ufficio, vengono quasi clamorosamente ignorate nella sentenza, sebbene dalle sue dichiarazioni, ritenute aprioristicamente credibili, derivi lo scatenamento degli Inquirenti nel proc. pen. n° RG 1016/12 e l’autorizzazione da loro ricevuta da parte del GIP a compiere atti di rilievo come intercettazioni, perquisizioni, ecc.
Del resto, come si è premesso, inedita è anche la struttura della sentenza che si divide nelle seguenti parti a livello puramente formale, posto che poi in ciascuna di esse si confondono passi documentali di irrisoria rilevanza con considerazioni proprie del giudice, spesso gravemente illogiche, in una sorta di tiritera sconclusionata che lascia esterrefatti, dove in un unico calderone confluiscono intercettazioni, diari privati del signor Luigi COSTA, e pochi insignificanti passaggi dell’ampia mole di testimonianze raccolte che, in base a quanto si legge in sentenza, non devono essere state mai state compulsate dal Giudicante, a meno che lo stesso non le abbia deliberatamente occultate per compiacere, per acritica adesione, all’inquirente, o per chissà quali altri motivi.
Dopo una sommaria descrizione di atti e fatti che vorrebbe apparire “neutra” e l’elencazione delle condotte sottostanti le imputazioni, da pag. 10 a pag. 21 un capitolo è dedicato ad un inedito esame dei “personaggi emersi dalle indagini e relativi rapporti nel delinearsi della vicenda” in cui si scopre che l’officiante in massimo grado della banda – associazione a circonvenire facente capo alla dott.ssa ALPHA – sarebbe l’ing. Angelo SCASSA, il tutto sulla base di testimonianze clamorosamente false, se non addirittura alterate dallo stesso giudice, come quella relativa al sit del sig. Massimiliano SERRALUNGA. il che è davvero inaudito a leggersi e di particolare gravità.
Seguono da pag. 22 a pag. 29 considerazioni sugli “atti patrimoniali dispositivi del COSTA e della SERRALUNGA”, che sono una sorta di prolungamento del pasticciato gossip della parte precedente, dove al solito vengono omesse moltissime testimonianze agli atti, scomode per gli apodittici teoremi del GUP, e dove in qualche modo il giudicante pare, peraltro sempre in modo confuso e farraginoso, riferirsi ad alcune delle condotte ascritte alla dott.ssa ALPHA a sostegno dell’imputazione del reato di circonvenzione e di concorso.
Da pag. 29 a pag. 65 si succedono due capitoli, particolarmente farraginosi essi pure, con mescolanza di brani di intercettazioni telefoniche, passi di documentazione varia esistente agli atti intitolati pomposamente: “Elementi di rilievo per l’integrazione dell’induzione di COSTA Luigi e SERRALUNGA Anna Maria al compimento di atti giuridici dannosi”, titolo che è davvero, per parafrasare una celebre opera teatrale di Dario Fo, degno di un’opera buffa, posto che il testamento fino a prova contraria, produce effetti solo dopo la morte del testatore e non si vede quali atti giuridici dannosi potrebbero mai essere derivati ai due pazienti della dottoressa ALPHA, a meno di non essere appartenenti alla religione eliopolitana, praticata ai tempi dei faraoni egiziani, che venivano seppelliti con ampia cornucopia dei loro patrimoni, in vista della loro imminente transumanza alla vita ultraterrena. E del resto uno dei tre elementi che il codice penale pone a fondamento dell’art. 643 sta infatti proprio nella nocività per se stessi degli atti patrimoniali disposti dalle persone offese. Semmai qui – si osserva per inciso – i due pazienti nel testare a favore della loro dottoressa di fiducia, che sempre li seguiva in modo molto attento e con la quale entrambi avevano stretto una profonda amicizia, poterono beneficiare – anche se ovviamente non ve n’era alcun bisogno – di un’ulteriore captatio benevolentiae in aggiunta a quella già esistente sponte sua nell’animo della dott.ssa ALPHA. Né danno alcuno recò il sig. Luigi COSTA ai figli cui nulla tolse rispetto alla quota dei 2/3 legittimamente spettantigli, disponendo solo sulla quota libera di un terzo, com’era nel suo buon diritto ed in modo perfettamente coerente con tutta una storia pluridecennale di vita, in cui i rapporti suoi con i figli furono improntati al reciproco odio, al punto che costoro, quando egli venne colpito nel periodo 2006-2011 da una severa cardiopatia richiedente l’impianto di molteplici stent coronarici, sempre e sistematicamente si disinteressarono di lui. Del pari la signora SERRALUNGA, nubile e con solo un nipote come parente prossimo, intratteneva con costui rapporti pressoché inesistenti, per via di una lunga storia di attriti con il di lui padre, che era suo fratello: mai il nipote si era interessato di alleviare la sua solitudine, e di assisterla per le patologie che la affliggevano, ossia una rilevante BPCO (bronco – pneumopatia costrittiva di grado severo, con atelettasie polmonari) ed un’osteoartrosi sviluppata al punto di aver provocato cedimenti vertebrali nella colonna della pur esile signora. A che titolo mai avrebbe dovuto la signora SERRALUNGA nominare erede del suo picciolo patrimonio questo parente che era di fatto per lei uno sconosciuto? Pag. 65 della sentenza è invece occupata da un misterioso capitoletto dal titolo: “Considerazioni conclusive sull’induzione”. In esso si farnetica in merito all’azione che la “banda ALPHA” avrebbe svolto in merito all’esercizio di un’azione di isolamento verso pazienti che risultavano invece agli atti già abbondantemente isolati di loro. Debutta inoltre nei panni di adepta alla banda la “primula rossa” signora Teresa VANDONE (88enne alla morte del signor COSTA, 90enne quando decedette la signora SERRALUNGA), a proposito della quale in modo sinistro per tutto il corso delle indagini si era invece sospettato che fosse ella pure vittima di circonvenzione da parte della dr.ssa ALPHA.
Da pag. 66 a pag. 73, buone ultime, seguono considerazioni frettolose in merito alle “Condizioni psichiche del COSTA “, liquidate a buon mercato, con un menefreghismo totale sulla documentazione agli atti, pur trattandosi di un tema centrale in materia di decisione e fondamentale per la valutazione dell’elemento soggettivo ed oggettivo del reato di cui all’art. 643 cp.
Ancora più stringate le considerazioni sulle “Condizioni psichiche della signora SERRALUNGA” che il giudice svolge tra pag. 73 e 75 della sentenza, anche in questo caso con quasi totale ignoranza della documentazione clinica agli atti.
Le ultime pagine vengono dedicate al trattamento sanzionatorio erogato dal GUP per fatti non commessi dalla dott.ssa ALPHA, con particolare violenza, allo scopo di distruggerne la persona e la professionalità, anche qui con totale deformazione della realtà fattuale quale emerge dalla documentazione, utilizzando persino l’inaudita accusa di subornazione di un teste, e segnatamente della signora VANDONE, ella stessa additata in precedenza come membro della “banda ALPHA”, e della quale, oltretutto, un teste, caro all’accusa ed al giudicante, il signor Massimiliano SERRALUNGA, aveva lumeggiato un passato da circonventrice ascoltato a sit.
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Proseguiamo evidenziando in blu le censure specifiche alla sentenza n° 213/14, in ordine all’ipotesi di reato di falsità dolosa commesse dal GUP dr.ssa LA ROSA.
Si osservi che all’ing. SCASSA vengono a pag. 77 imputate condotte perlopiù farneticanti a sostegno dell’integrazione del reato di circonvenzione in associazione (art. 643 e 110 CP). Scrive infatti il GUP:
“Infine, ritiene questo Giudice che certamente meriti approfondimento il comportamento tenuto da SCASSA Angelo nell’intera vicenda in valutazione. Lo SCASSA, infatti: è stato beneficiario della delega bancaria concessa da COSTA Luigi nel 2008; è stato nominato guardiano del TRUST del COSTA; ha scritto il testamento che la SERRALUNGA ha poi copiato, redatto in favore della ALPHA, sua fidanzata; era presente quando il dott. DESANA, C.T.U. nominato dal Giudice Tutelare precedeva all’esame della SERRALUNGA nell’ambito della procedura per la nomina di un Amministratore di Sostegno in favore dell’anziana; era già stato indicato come papabile Amministratore di Sostegno da nominarsi per la SERRALUNGA; era, a sua volta, beneficiario di un testamento redatto in suo favore da ALPHA Anna Maria (oggetto di sequestro). Ne consegue che deve essere disposta la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica in sede per la valutazione delle condotte poste in essere da SCASSA Angelo ai fini dell’integrazione del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 643 c.p.”
Orbene, quanto in base alla delega fornita all’ing. SCASSA dal sig. COSTA ci si soffermerà in modo preciso esaminando la condotta addebitata infra: si trattò di un’autonoma scelta del titolare del c/c, e correlato conto deposito titoli, presso banca UBS, il quale volle sfruttare un suggerimento datogli dalla stessa banca circa l’eventualità di nominare un delegato, da un lato, e, dall’altro, che era voglioso di liberarsi di una gestione finanziaria in perdita, motivo per cui aveva bisogno di avere a fianco un interlocutore deciso a scontrarsi con la banca, che premeva perché egli non recedesse e non accettava di dialogare al cospetto di persone non collegate in gualche modo – come cointestatari o delegati – al conto. Alla luce di queste motivazioni il sig. COSTA chiese all’ing. SCASSA di accettare un incarico che avrebbe avuto, com’è stato, durata brevissima (un solo giorno): è del resto pacifico che dal c/c del sig. COSTA non manca un solo centesimo.
Per quanto riguarda la nomina dell’ing. SCASSA a trustee del trust Luigi Antonio COSTA, il suo comportamento è stato assolutamente ineccepibile, sconsigliando egli, sia pure per la piccola dotazione presente, investimenti azionari o comunque a rischio in un momento di alta volatilità dei mercati, ed invece ritenendo che fosse meglio mantenere una posizione di moneta inattiva: inoltre la sua nomina gli venne richiesta un po’ ex abrupto a poche ore della costituzione del trust ed egli accettò anche per via delle sue valide conoscenze in campo economico finanziario, maturate in uno stage di un anno presso il CRF.
In terzo luogo, l’ing. SCASSA, richiesto in tal senso dalla signora SERRALUNGA, le scrisse una banale bozza per un testamento senza indicare testatore e beneficiario, nel 2006, periodo in cui non era assolutamente fidanzato con la dott.ssa ALPHA, come scrive invece, secondo il solito more apodittico, il GUP.
Quanto al fatto che l’ingegnere abbia presenziato alla seduta peritale cui la signora SERRALUNGA fu sottoposta nel febbraio 2013 presso la di lei abitazione da parte del CTU dr. DESANA, la sua presenza fu esclusivamente dovuta all’insistente atteggiamento dell’anziana affinché egli non si allontanasse, quando si stava congedando all’arrivo del CTU, il quale ultimo gli chiese di rimanere al colloquio, ritenendo che la sua presenza avrebbe potuto contribuire a tranquillizzare la perizianda e dandone espressamente atto in tal senso nel verbale. Del resto le indagini contro la dottoressa ALPHA duravano da oltre un anno e, proprio perché nulla aveva a temere, l’ing. SCASSA, persona coraggiosa e dalla limpida dirittura morale, non ebbe alcuna esitazione prima ad intervenire a casa della signora, sconcertata da quella che per lei stava diventando una sorta di incomprensibile persecuzione giudiziaria, su sua richiesta e poi, per l’appunto, a raccogliere l’invito del CTU.
Il quinto addebito consisterebbe nel fatto che la signora SERRALUNGA, tardivamente costituitasi nel procedimento per l’amministrazione di sostegno promosso contro di lei dalla Procura, si batté affinché tale richiesta venisse rigettata – come effettivamente accadde – ma indicò, nella denegata ipotesi di accoglimento, l’ing. SCASSA come amministratore di sostegno, con autonoma scelta da parte sua. Insomma anche qui veramente va in scena il teatro dell’assurdo.
La sesta colpa dell’ingegnere sarebbe dovuta al fatto che la dott.ssa ALPHA avrebbe scritto un testamento a suo favore, a tutt’oggi, anche per conforme disposizione dell’impugnata sentenza, oggetto di sequestro: ascoltato a sit l’ing. SCASSA ha confermato di essere stato all’oscuro di questa disposizione della sua convivente, e di certo soltanto una grave deformazione del pensiero può arrivare a definire come condotta di rilevanza penale accertanda il fatto che si scopra che una persona è stata indicata come beneficiaria di un testamento, di una terza, di cui oltretutto era completamente all’oscuro. Detto fuor d’ambagi, questa “incolpazione” è davvero una farsa.
Infine la sentenza termina a pag.78 con la disposizione del GUP di trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica in sede per la valutazione di eventuali profili di responsabilità penale nelle condotte assunte da SCASSA Angelo.
Aggiungiamo noi un personaggio in cerca di autore che, con certezza il GUP identifica:
– con il sig. Angelo PIAZZO (pag. 10 della sentenza) e qui appoggiandosi alle clamorosamente falsa – anzi dolosamente falsa – testimonianza del sig. ANDREA, figlio del de cuius, che è smentita in modo categorico dal diario dello stesso padre, ma di cui il GUP ha finto di non accorgersi, nonostante la predetta falsità testimoniale gli fosse stata dimostrata in tutte le salse nella memoria depositata dall’imputata.
– con il luogotenente Michele ANGELORO (pag.15 della sentenza)
– con l’operaio in cassa integrazione Francesco IACULANO (pag. 19 della sentenza).
– con un quarto signore di 10 anni più giovane dell’ing. SCASSA (vedasi pag. 22-24 della sentenza in cui si prende per attendibile la testimonianza della signora CARRARO, la quale dichiara che il delegato dal sig. COSTA ad operare presso il suo c/c in banca UBS era un giovane di 35 anni di corporatura normale – quando l’ingegnare all’epoca era 45enne ed sempre stato di corporatura assai esile, pesando 63 kg a fronte di un’altezza di 1,77m ed ha sempre portato i capelli molto lunghi, ed una folta barba, particolari che tutti ricordano di lui dovendolo descrivere, com’è il caso del testimone Mario DI FURIA, luogotenente dell’esercito)
– con un quinto signore di 30 anni e di statura più bassa del sig. COSTA (mentre l’ing. SCASSA era più alto di 6 cm. del sig. Luigi COSTA, come da documenti anagrafici agli atti, oltretutto – indicato dalla signora BO – , e quindi più giovane di lui di 14-18 anni nel periodo 2007-2011, periodo in cui data la frequentazione del sig. COSTA con l’ing. SCASSA (pag. 14-15 della sentenza)
– con un sesto signore a pag. 17 della sentenza, di professione ingegnere, automunito, come non è invece l’ing. SCASSA, il quale non possiede nemmeno la patente di guida.
– infine ci sarebbe anche un teste, il sig. Massimiliano SERRALUNGA, l’insospettabile, si fa per dire, nipote della signora asseritamente “circonvenuta” che identifica l’ing. SCASSA con un vecchio signore che camminerebbe con un bastone, quando l’ingegnare ha ora 51 anni, è alto 1,77, pesa 63 kg, corre i 100 metri piani in 15 secondi. E qui che fa il GUP? Decide di correggere la testimonianza di sua iniziativa. Scrive infatti il giudice a pag. 18 della sentenza:“Ha aggiunto, ancora, il teste che la SERRALUNGA, a suo parere, era innamorata di questa dottoressa, della quale non si poteva nemmeno lontanamente provare ad avanzare dei dubbi. Inoltre, la SERRALUNGA parlava della ALPHA e dell’INGEGNERE (evidentemente, il COSTA, avendolo il teste definito un anziano che camminava con il bastone e si muoveva a fatica) come dei buoni amici”.
Laddove il sig. Massimiliano SERRALUNGA ha dichiarato a sit il 14/1/2012:
“Ho conosciuto la ALPHA e l’INGEGNERE in ospedale. Lui è un anziano, cammina col bastone, fatica a muoversi, ma guida la macchina”. Peccato che il sig. SERRALUNGA affermi di aver conosciuto personalmente l’ing. SCASSA in ospedale e la signora SERRALUNGA, ascoltata a sit, abbia affermato che l’ing. SCASSA non guidava la macchina, come in effetti è assolutamente vero e come vero assolutamente è il fatto che nel settembre – ottobre 2010, data dle ricovero della signora SERRALUNGA al Gradenigo, cui fa riferimento il nipote, nemmeno il sig. COSTA guidava più l’autovettura per via della dolorosa necrosi dela testa del femore che lo affliggeva.
Complimenti al Giudice per il tarocco servito in sentenza.
Davvero – pirandellianamente – siano in presenza di sei personaggi in cerca d’autore o dei magnifici sette, se mettiamo in conto la doppia interpretazione data dal GUP alle parole del falso teste Massimiliano SERRALUNGA.